Il Fatto 22.6.18
Andrée Ruth Shammah: “Essere se stessi è difficile, oggi ci si muove in mandrie”
di Cam. Ta.
Lunedì
Andrée Ruth Shammah compirà 70 anni, di cui 50 di teatro, di cui quasi
tutti al Salone di via Pier Lombardo a Milano, da lei fondato nel 1972
insieme con Franco Parenti, Giovanni Testori, Dante Isella e Gian
Maurizio Fercioni.
C’è di che far festa, anche perché il Parenti
“vive un momento di grazia, non solo sul palco ma nel rapporto col
pubblico. Benché nessun politico ne parli mai, il teatro resta una
nicchia di qualità. A teatro non si fa solo teatro: si fanno dibattiti,
si presentano libri, si discute di musica”. Voi avete anche i Bagni
Misteriosi… “Stiamo cercando in tutti i modi di fare ‘tuffo e
spettacolo’, ma ancora non siamo riusciti a mischiare il pubblico”.
Pur
non sentendosi – “per niente” – la donna più influente del teatro
italiano, Shammah è una delle pochissime a ricoprire ruoli dirigenziali,
su e giù dal palco. Esiste disparità di genere tra teatranti? “Io non
so più nemmeno se sono una donna, non so più cosa significhi. Una volta
dicevo che una regista, una direttrice, ha senso dell’accoglienza, sa
tenere la gente insieme, tratta il teatro come una casa. Lo penso
ancora, però mi sembra un discorso vuoto. Io ho fatto molta fatica: se
fossi stata un uomo ne avrei fatta meno? Non lo so. Forse è la libertà
che si paga, più che il sesso: una persona che vuole essere se stessa,
senza soggiacere a schieramenti o identificazioni, fa fatica perché oggi
ci si muove a mandrie: si è tutti di qua o di là; tutti contro o pro
qualcuno”.
Le stagioni teatrali sono sempre più lunghe: la
creatività sta traslocando dai festival alla città? “Il Parenti è stato
il primo a proporre una rassegna estiva dentro il teatro. Ora lo stanno
facendo in tanti perché gli enti pubblici non organizzano più nulla…
Poi, la differenza tra ricerca e classici non regge: anche il teatro
pubblico ora fa ricerca. Forse oggi è più originale mettere in scena
Cechov come l’ha scritto Cechov”.