Il Fatto 14.6.18
Salvini dia indietro i 250 mila euro
Il consiglio. Rispedisca così i fondi ricevuti: “Grazie, ma sono troppi e la gente mormora”
di Antonello Caporale
Roma
ladrona ricompare e, curiosamente, rovina sul vestito blu ministeriale
di Matteo Salvini. Ora si ritrova tra le mani l’assegno di 250 mila euro
che Luca Parnasi, da buon investitore, ha destinato alla Lega. “Lo
conosco come una persona perbene”, ha detto ieri il ministro. E non
dubitiamo affatto. Come non dubitiamo che Parnasi abbia investito bene,
“spendendo un po’ per le elezioni”, come pure ha commentato con i suoi
quando ha deciso di stornare alla politica un po’ di quattrini, che del
resto per l’azienda è tradizione antica e si immagina parecchio
remunerativa.
È sempre possibile, perché le vie del Signore sono
infinite (e il nostro Matteo ha innalzato il Vangelo a suo compagno di
viaggio), che il costruttore romano sia apparso ai leghisti come un
improvviso e assai fervente sostenitore di Alberto da Giussano ma
purtroppo per Salvini la professione di fede fa un po’ ridere. Fa invece
riflettere che il costruttore romano abbia messo la sua fiche
sulla Lega. E doppiamente pensare che quella fiche
Salvini l’abbia accettata.
Tutto
torna e la storia ancora si ripete. Era il 7 dicembre 1993 quando un
altro tesoriere, si chiamava Alessandro Patelli, raccolse una busta
contenente 200 milioni di lire da Carlo Sama, presidente Montedison. E
quei soldi, tutti in nero, Umberto Bossi si affrettò a restituirli ma
non bastò a evitargli una condanna a otto mesi per violazione della
legge sul finanziamento pubblico ai partiti.
Oggi Salvini deve
ripetere il gesto del suo antico e perduto leader. Certo, i soldi di
Parnasi sono iscritti a bilancio della sua società (Pentapigna srl) e
l’erogazione è legittima dal punto di vista giuridico. Politicamente
invece suona come una resa al vizio antico di predicare bene eccetera
eccetera. Salvini, già che si trova in tema, approfitti e indichi i nomi
degli altri donatori che hanno scelto di inviare soldi all’associazione
Più Voci, la onlus destinataria dei bonifici. E già che c’è spieghi se
la Lega ha ancora in cassa le azioni di General Electric, della spagnola
Gas Natural, di Mediobanca, di Enel, Telecom, Intesa San Paolo. Se
abbia venduto o ancora possiede il corporate bond
da trecentomila euro di Ancelor Mittal, la multinazionale che ha appena acquistato l’Ilva.
Matteo
Salvini con le parole ha costruito un mondo. Ne usi qualcuna per
spiegare se ha investito (lui o i suoi predecessori) o perchè non abbia
disinvestito. E ne usi qualche altra per illustrare la distanza che
separa l’apparenza, il leader che attacca le multinazionali, il lombardo
che mangia italiano, beve italiano compra sempre italiano, e poi la
realtà.
Un movimento che acquista azioni del capitale ostile e
aggressivo, che raccoglie donazioni da costruttori parecchio affamati,
che arruola gente dal passato opaco.
Spieghi con un tweet. O forse
con due. O anche con tre. Non prima di aver compiuto l’unica scelta
possibile: andare in banca e bonificare sul conto della Pentapigna srl,
società detenuta al 100% da Luca Parnasi, i 250 mila euro con questo
messaggio: grazie, ma sono troppi soldi e la gente mormora…