Il Fatto 14.6.18
Da Zawya a Bengasi, i predoni libici in attesa di nuovi affari
Spada di Damocle. Chi sono i capi-banda (tra faide e alleanze) con i quali trattare lo stop dai traffici
di Nancy Porsia
Due
uomini per terra, picchiati e torturati. Su di loro alcuni uomini
armati del gruppo armato guidato dal generale Khalifa Haftar, capo di
uno delle fazioni che si contendono il controllo del territorio in
Libia. Da giorni nella città nell’estremo Est del paese nordafricano, i
jet militari bombardano sulla città. Tante vittime e soprattutto
centinaia di sfollati in fuga.
Nel video che nella giornata di
ieri ha fatto il giro del web, si vede chiaramente un uomo uccidere i
due a terra, a distanza ravvicinata. All’indignazione del popolo degli
internauti libici, Haftar ha risposto che si trattava di mercenari al
soldo di al Qaeda, senza far alcun riferimento ad indagini concluse o in
corso. D’altronde il capo della coalizione armata sostenuta da Egitto e
Emirati Arabi Uniti ha definitivamente incassato a fine maggio il
riconoscimento della comunità internazionale in occasione del summit di
Parigi voluto da Macron. Con la stretta di mano tra Haftar e il premier
libico Fayez Serraj, suo ex rivale, Haftar oggi è in una posizione di
forza tanto che l’esecuzione sommaria di due uomini da parte di alcuni
dei suoi pare non lo metta in imbarazzo. Infatti anche l’Italia e le
altre cancellerie da sempre sospette verso Haftar dopo che quattro anni
fa si auto proclamò capo dell’esercito libico, hanno dovuto abbassare la
guardia ed accettare il compromesso tra il governo Serraj a Tripoli e
l’uomo forte dell’Est.
E nella giornata di ieri la nuova Italia,
pare essersi ulteriormente avvicinata alla sua ex colonia. Il colonnello
della Forze della Marina Ayoob Qassem si è complimentato con l’Italia
per aver chiuso le porte ai migranti. In realtà il colonnello Ayoob non
aveva mai accettato fino in fondo la libertà delle Ong di effettuare
ricerca e soccorso in mare al largo della Libia.
Secondo Qassem le
operazioni di recupero dei migranti in mare rappresentavano chiaramente
la schizofrenia dell’Europa sul fronte della gestione dei flussi
migratori.
Un passaggio importante che potrebbe portare a un
rilancio nel breve termine della collaborazione tra Italia e Libia sul
contrasto alla migrazione irregolare. Soprattutto all’indomani delle
sanzioni delle Nazioni Unite contro alcuni trafficanti libici, di cui
alcuni anche beneficiari diretti degli accordi siglati dall’ex ministro
degli Interni, Marco Minniti.
Oltre a due eritrei accusati di far
parte della rete operativa del traffico di esseri umani in Libia, nella
lista nera dell’Onu sono finiti anche il capo della unità della Guardia
Costiera della città di Zawiya, Abd al Rahman al-Milad, noto con il
soprannome di “al-Bija”; Mohammed Koshlaf, capo della Brigata al-Nasr
con cui controllava la raffineria locale e un centro di raccolta per
migranti; Ahmed al Dabbashi, soprannominato “Al-Ammu”, capo della
brigata Anas Dabbashi – titolare della sicurezza esterna al compound
della Mellitah Oil&Gas legata all’Eni, e uno dei principali
trafficanti di esseri umani nella città di Sabrata; e un altro
importante trafficante di Sabrata Mussab Abu Ghrein, alias Musab
Abu-Qarin.
Le sanzione contro un esponente della Guardia Costiera
libica hanno creato diversi imbarazzi in Libia, e soprattutto tra le
fila delle Forze della Marina. Dunque Salvini pare essere stato in grado
di ricucire lo strappo con il colonnello Qassem.
Oltre al trofeo
dell’apertura del porto di Valencia ai migranti salvati da SOS
Mediterrane da parte del premier spagnolo Sanchez, Salvini – atteso
entro la fine del mese a Tripoli – proverà a portare in Europa anche il
consenso libico. Peccato che la Libia non sia famosa per il rispetto dei
diritti umani.