Corriere 6.6.18
Noi e l’Unione
L’Ungheria di Orbán , L’alleato sbagliato
di Franco Venturini
Non
è esattamente la stessa cosa, voler migliorare la «casa» Europa o
allearsi con quel gruppo di Visegrad che da tempo respinge i valori di
solidarietà sostenuti da Bruxelles. Proprio sui migranti, oltretutto.
È
troppo presto per criticare l’operato del governo. Il voto di ieri
contro una modifica degli accordi di Dublino contraria agli interessi
italiani sarebbe stato tale anche prima delle elezioni. Ma la
«tentazione Visegrad» esiste davvero, e non corrisponde ai tanto
decantati interessi nazionali italiani.
Cominciamo dal principio,
cioè da quei migranti il cui contenimento rappresenta l’indiscussa
priorità del ministro dell’Interno Salvini. Cosa mai può avere in comune
l’Italia con il preannunciato compagno di strada Viktor Orbán?
L’Ungheria non è circondata dal mare, lì non arrivano barconi.
L’Ungheria non ha davanti l’Africa, con le sue massicce correnti
migratorie. Quando si è sentita minacciata dai rifugiati siriani e
afghani che tentavano di raggiungerla attraverso i Balcani, l’Ungheria
di Orbán ha creato un «muro» al confine con la Serbia. Cosa che si può
eventualmente fare soltanto alle frontiere terrestri. Quando Bruxelles
ha proposto di aiutare Italia e Grecia dividendo i rifugiati per quote
nei Paesi europei, l’Ungheria ha detto un sonoro «no» portando su questa
posizione tutto il gruppo di Visegrad. Davanti alle proteste della Ue
(e in particolare dell’Italia, visto che la via balcanica era stata
chiusa), le autorità ungheresi hanno avanzato motivazioni anche
religiose e razziali. Dobbiamo aggiungere che in Ungheria come in
Polonia è ancora forte l’antisemitismo, e che la bestia nera di Orbán è
il finanziere Soros, troppo ricco e forse troppo ebreo?
Viene da
chiedersi quale sia la vera priorità di Salvini, se voglia giustamente
che l’Italia venga aiutata dall’Europa sulla questione migranti, oppure
se intenda prima di tutto colpire l’Europa. Nel primo caso farebbe bene a
parlare con Merkel, con Macron, con il governo austriaco a
partecipazione «populista» , insomma con coloro che hanno interesse a
collaborare per affrontare un problema comune. Se invece vuole colpire
l’Europa senza interessarsi più di tanto alla questione migranti, la
scelta di Orbán e dei «quasi-scissionisti» di Visegrad è quella giusta.
Come avrebbe consigliato Steve Bannon, se non lo ha fatto davvero.
Quasi
scissionisti, perché i Paesi di Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica
Ceca e Slovacchia) guardano sì a Washington e alla Nato ben più che a
Bruxelles. Rappresentano sì per l’Europa un problema ben più grave del
divorzio negoziato della Gran Bretagna. Ma restano in Europa perché a
trattenerli c’è una montagna di soldi che nel 2004 è stata tolta ad
altri Paesi, Italia in primis, per favorire la «coesione» dei nuovi soci
poveri. Il minimo sarebbe stato mostrarsi a loro volta solidali con
l’Italia sul tema dei migranti, ma la risposta, come abbiamo ricordato, è
stata picche.
La memoria degli italiani sembra essere talmente
corta che quasi non vale la pena di ricordare, oltre ai nostri
interessi, anche la nostra storia. Siamo, come ha ricordato ieri Conte,
tra i fondatori dell’Europa. Siamo fino a prova contraria un Paese
democratico, diverso dagli autoritarismi di Budapest e di Varsavia
finiti sotto procedura disciplinare a Bruxelles. E il nostro risorgente
nazionalismo, o sovranismo, sconta sì gli errori e le debolezze europee,
ma non ha le giustificazioni storiche che possono essere individuate
nella parte orientale dell’Europa. La Comunità europea nacque dopo la
guerra per placare i nazionalismi tedesco e francese e scongiurare nuovi
conflitti. Chi rimase intrappolato nell’impero sovietico, invece,
dovette aspettare la fine del 1989 per dare sfogo al nazionalismo che
Mosca aveva represso. Forse vanno capiti, in questo. Ma imitarli, o
mettere in cantiere una alleanza paradossale e inutile, per l’Italia può
essere soltanto un danno.