giovedì 24 maggio 2018

Repubblica 24.5.18
Le scelte del Pd
Annibale e la sinistra
di Guido Crainz


Dopo prolungate nebbie il profilarsi del governo Lega- M5S fa comprendere in modo ancor più traumatico il baratro che si sta aprendo, nella totale assenza di una sinistra credibile. Di una sinistra capace di ritrovare le proprie ragioni fondative e al tempo stesso di fare i conti con i propri fallimenti. Con il proprio radicale allontanarsi dalle ansie e dai bisogni, dalle esasperazioni e dalle speranze del Paese: cioè da se stessa. Una sinistra capace di misurarsi realmente con il voto del 4 marzo, e con la stessa divaricazione fra Nord e Sud che quel voto ha illuminato di luce cruda. Capace di interrogarsi sulle ragioni della sua inedita irrilevanza — nonostante i pregi che la sua azione di governo ha pur avuto — e al tempo stesso su di una crisi politica, italiana ed europea, che non ha precedenti.
Nulla di tutto questo ha avuto realmente eco in un’Assemblea del Pd di cortissimo respiro, pur se segnalavano anche questo i malumori e le esasperazioni di molti delegati. Eppure le urgenze sono drammatiche, esigerebbero almeno l’idea di un percorso, di un progetto per iniziare ad affrontarle. Esigerebbero cioè un congresso vero: un confronto fra tesi diverse, non necessariamente contrapposte, che raccolga intelligenze ed energie riformatrici interne ed esterne al partito ( o a quel che resta di un partito). Un confronto capace di avviare riflessioni di lunga durata e al tempo stesso di fornire strumenti per contrastare da subito le imminenti “ derive di governo”. Capace di contrapporre contenuti e prospettive agli irresponsabili vincitori del 4 marzo.
Sarebbe l’unico modo per dare un senso alle stesse primarie per il segretario, destinate altrimenti ad essere un ulteriore e forse definitivo momento di logoramento e di dissoluzione. Ogni deviazione da questo percorso potrebbe essere fatale: e nella sua ostinazione a condizionare ancora il partito nonostante l’entità della sconfitta Matteo Renzi è riuscito a superare il suo predecessore.
Eppure Annibale è già dentro le porte: nei primi anni Novanta crollò un sistema dei partiti, oggi sembra inabissarsi sotto i nostri occhi la politica così come l’abbiamo conosciuta, nel suo rapporto fra cittadini, partiti e orizzonti costituzionali.
Nel crollo di allora prese corpo il devastante illusionismo berlusconiano, riproposto ora in forme antiche e nuove ( dalla demolizione del sistema fiscale a vantaggio dei più ricchi sino al “reddito di cittadinanza”) assieme all’esasperazione della “cultura del rancore”. Assieme all’ostentato dilettantismo dei giorni scorsi, con l’esplorazione delle più improbabili quadrature del cerchio: le ha superate tutte la ipotizzata “staffetta”, con «un presidente del Consiglio che scade come una mozzarella», per dirla con Beppe Grillo (ma lo ha detto negli anni Ottanta, si riferiva alla staffetta fra Craxi e De Mita).
Il tutto in un panorama europeo scosso, all’Est e all’Ovest, da differenti ma progressivi assalti agli orizzonti costituzionali e all’idea stessa d’Europa: è possibile che una sinistra possa sopravvivere e rigenerarsi, ritrovare slancio ideale e capacità di convinzione senza interrogarsi a fondo su questi nodi? Senza opporre la propria visione di futuro al tendenziale scardinarsi della democrazia? E senza trarre anche da qui le ragioni e gli argomenti da contrapporre quotidianamente alla irresponsabilità di governo?
Sono questi i temi dell’unico “ congresso della sinistra” oggi attuale e credibile: su questo i dirigenti del Pd dovrebbero chiamare i propri iscritti ed elettori a confrontarsi, a riflettere e a pronunciarsi. A prendere la parola: o meglio, a ritrovare la voglia di farlo.