sabato 12 maggio 2018

Il Sole 12.5.18
Cassazione. La delibazione della decisione ecclesiastica travolge le decisioni prese in sede di separazione
La Sacra Rota annulla il mantenimento
Obbligo cancellato anche se la sentenza civile è passata in giudicato
di Patrizia Maciocchi


Roma Il riconoscimento della nullità del matrimonio affermata dalla Sacra Rota cancella l’obbligo dell’assegno stabilito nella sentenza di separazione, anche se divenuta cosa giudicata. La dichiarazione di invalidità del vincolo originario fa, infatti, venire meno il presupposto sul quale poggiano l’assegno e le decisioni accessorie collegate ad esso. È una presa d’atto che prescinde da qualunque considerazione sul rapporto tra le due giurisdizioni: civile ed ecclesiastica. Con la sentenza 11553 depositata ieri, la Suprema corte dà un altro scossone in tema di diritto al mantenimento.
I giudici della Prima sezione civile, accolgono il ricorso di un ex marito che chiedeva la revoca dell’obbligo di versare alla ex moglie 250 euro, stabiliti in sede di separazione. Una richiesta scattata appena ottenuta la delibazione della decisione rotale sulla nullità delle nozze concordatarie, che era arrivata dopo il passaggio in giudicato della sentenza di separazione.
Il Tribunale aveva accolto la domanda, ma la Corte d’appello aveva ribaltato il verdetto. I giudici di seconda istanza si erano basati su due precedenti con i quali la Cassazione aveva affermato che il sopravvenire della dichiarazione di nullità del matrimonio non può mettere in discussione il diritto all’assegno, una volta che si sia formato il giudicato sulla sentenza che attribuisce l’assegno di divorzio.
La Corte d’appello aveva fatto dunque riferimento a un precedente non adatto al caso esaminato, perché relativo ad un assegno di divorzio e non al mantenimento durante una fase transitoria come quella della separazione.
Per la prima volta, la Cassazione affronta il tema dell’“effetto” Sacra Rota su una sentenza di separazione passata in giudicato e lo fa rimarcando le differenze tra assegno di divorzio e di mantenimento, fondati su presupposti del tutto diversi. Il primo, di carattere “assistenziale”, deve scattare tra due persone “singole”, mentre il secondo trova il suo fondamento proprio sulla permanenza del vicolo matrimoniale.
Con il divorzio cessano gli effetti civili del matrimonio concordatario e resta in piedi solo un vincolo di solidarietà economica post coniugale, in virtù della quale l’assegno va riconosciuto al coniuge debole, se il giudice accerta che non ha mezzi adeguati per vivere, nè è in grado di procurarseli. Da qui l’intangibilità dell’assegno di divorzio, salvo mutamenti della condizioni previsti dalla legge 898/1970.
Diverso il caso della separazione che sospende solo i doveri di natura personale, fedeltà, convivenza, e collaborazione, mentre lascia inalterati quelli patrimoniali ma «è innegabile - si legge nella sentenza - che il vincolo matrimoniale venga meno allorquando sia resa efficace nello Stato italiano, attraverso il procedimento di delibazione, la sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario». Viene dunque a cadere il pilastro sul quale poggia il diritto al mantenimento.