il manifesto 3.5.18
Terroristi, estrema destra e militari: prolifera il mercato nero delle armi
Europa.
Sempre più facile procurarsi un'arma da fuoco: l'allarme nel rapporto
del Flemish Peace Institute. Il Belgio uno dei paesi più toccati dal
fenomeno; In Italia a gestire il traffico sarebbe la mafia
di Gabriele Annicchiarico
BRUXELLES
Procurarsi un’arma da guerra sarebbe sempre più facile sul territorio
europeo. È l’allarme lanciato dal rapporto Firearms acquisition by
terrorists in Europe, presentato al Parlamento fiammingo (una delle
regioni federali del Belgio) la scorsa settimana dal Flemish Peace
Institute. E proprio il Belgio sarebbe uno degli Stati in cui più
facilmente si possono acquistare armi da fuoco, leggere o da guerra,
forte di uno dei mercati neri fra i più proliferi del continente.
Una
reputazione nota da tempo e che aveva spinto, nel 2010, un quotidiano
locale, La Dernière heure, a mostrare quanto facile fosse l’acquisto di
un’arma, inviando un giornalista camuffato da acquirente alla ricerca di
un kalashnikov. Una missione, ripresa in un reportage, che aveva fatto
scalpore, compiuta in pieno giorno e in meno di sei ore.
Secondo
il rapporto, la maggior parte delle armi oggi presenti sul mercato nero
proviene dai Balcani, come diretta conseguenza della fine del conflitto
degli anni ’90. La maggior parte sarebbero in dotazione a organizzazioni
criminali e in parte forse anche a individui appartenenti o
simpatizzanti dell’estrema destra.
«Parliamo soprattutto di armi
da fuoco leggere usate da organizzazioni criminali e in misura minore di
armi da guerra come i kalashnikov, commercializzate sotto forma di armi
acustiche disattivate, ma che possono essere attivate con facilità da
esperti e gruppi criminali», spiega Nils Duquet, ricercatore e relatore
del rapporto.
Queste armi sarebbero infatti state acquistate dai
fratelli El Bakarauoi, morti kamikaze negli attentati di Bruxelles del
22 marzo 2016 e usate per compiere gli attentati di Parigi del 15
novembre 2015. «I fratelli El Bakraoui rappresentato i prototipi degli
utilizzatori d’armi da fuoco, passati dalla piccola alla criminalità
organizzata e poi migrati nelle frange jihadiste», precisa Duquet.
Sarebbero state acquistate in Slovacchia, dove una legislazione soft
avrebbe permesso ai gruppi terroristici di armarsi. Flusso che raggiunge
spesso paesi come Belgio, Olanda e Francia.
Un fenomeno che
coinvolge anche simpatizzanti dell’estrema destra, «individui che spesso
riescono ad acquisire armi depotenziate per vie legali», precisa
Duquet, che aggiunge: «È questo un fenomeno che riguarda anche persone
appartenenti alle forze armate, affascinate dall’estrema destra e in
grado di attivare queste armi acustiche; in Germania ad esempio
sarebbero 400 i militari sotto sorveglianza dall’intelligence perché
considerati potenzialmente a rischio».
In Italia il mercato nero
delle armi sarebbe altrettanto prolifero, per lo stretto rapporto fra
organizzazioni criminali italiane e albanesi. La vendita delle armi
sarebbe gestita direttamente dalle organizzazioni mafiose che però non
vendono (almeno direttamente) questo tipo di armi a organizzazioni
terroristiche, limitando (per così dire) il mercato alle sole
organizzazioni criminali.
Un’azione repressiva per limitare il
fenomeno, si legge nel rapporto, dovrebbe passare per un ruolo di primo
piano di Europool (la polizia europea) che però trova grossi limiti
nella bassa collaborazione fra Stati membri.
«Un’azione efficace
dovrebbe passare per una maggiore collaborazione fra le strutture di
intelligence degli Stati e da una armonizzazione delle legislazioni in
materia di possesso d’armi da fuoco, al fine d’evitare che in alcuni
Stati sia più facile entrare in possesso di armi da fuoco», conclude
Duquet.