giovedì 24 maggio 2018

il manifesto 24.5.18
Il ministro israeliano Steinitz manda l’Ue «all’inferno‎»
Israle/Ue. Il governo Netanyahu irritato per l'appoggio a palestinesi e Iran da parte dell'Unione europea che critica la linea di Donald Trump in Medio oriente. Si aggrava nel frattempo lo scontro tra palestinesi e Stati uniti.
di Michele Giorgio


GERUSALEMME Il governo israeliano si lancia all’attacco dell’Ue evitando però di prendere di mira ‎i suoi singoli membri, alcuni dei quali sono alleati di ferro dello Stato ebraico e ‎non poche volte prendono le distanze dalla linea ufficiale di Bruxelles in Medio ‎oriente. ‎«(Gli europei) Possono andare migliaia di miglia giù all’inferno‎», ha ‎tuonato ai microfoni di una radio locale il ministro dell’energia, Yuval Steinitz, ‎commentando le critiche alla violenza della polizia nei confronti dei manifestanti ‎arabo israeliani (palestinesi con cittadinanza israeliana) che ad Haifa qualche ‎giorno fa protestavano per la strage di oltre 60 palestinesi a Gaza. Tra i dimostranti ‎feriti c’è anche Jafar Farah, direttore del centro per i diritti civili Mossawa, che ‎accusa la polizia per avergli fratturato un ginocchio mentre era detenuto. ‎«Questo ‎è l’apice del nervosismo e dell’ipocrisia – ha detto Steinitz, esponente di rilievo del ‎governo di destra guidato da Netanyahu – la stessa Unione europea sta ora ‎aspirando all’Iran e aiuterà il Paese di fronte alle sanzioni statunitensi‎». Un chiaro ‎riferimento alle posizioni dell’Alta rappresentante della politica estera dell’Ue, ‎Federica Mogherini, di condanna della decisione degli Stati Uniti di uscire ‎dall’accordo internazionale sul nucleare iraniano. Mogherini conferma la volontà ‎di continuare la cooperazione tra Europa e Tehran.‎
 Steinitz tuttavia ha badato a non prendere di mira i singoli Paesi europei. ‎«Ho ‎mandato all’inferno l’Ue che in realtà non rappresenta i paesi europei – ha ‎affermato – è un’organizzazione che nessuno comanda ma vive per se stessa. Ed è ‎meno amichevole dei paesi europei che la formano‎». Evidente il tentativo di ‎allargare le crepe emerse tra i Paesi europei in occasione delle cerimonie ufficiali ‎per il trasferimento dell’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme alle quali, in ‎aperta violazione del boicottaggio deciso dall’Ue, Austria, Repubblica Ceca, ‎Slovacchia e Romania hanno risposto positivamente all’invito israeliano. Il ‎governo Netanyahu probabilmente è convinto che queste crepe esistano anche ‎sulla questione del nucleare iraniano e di poter spingere qualche Stato europeo ad ‎aderire al piano di sanzioni “durissime” annunciate nei giorni scorsi ‎dall’Amministrazione Trump se Tehran non rispetterà 12 condizioni poste dalla ‎Casa Bianca. Ieri il Dipartimento del Tesoro americano ha annunciato sanzioni ‎contro cinque presunti membri della Forza al Quds dei Guardiani della ‎Rivoluzione iraniana che avrebbero dato assistenza tecnica ai ribelli sciiti Houthi ‎in Yemen permettendo loro di lanciare missili verso l’Arabia saudita.‎
 L’Ue, almeno a parole, non ha intenzione di adeguarsi alla linea statunitense e ‎difende l’accordo con l’Iran, facendo irritare anche il governo israeliano. E la ‎Russia, che pure ora preme su Tehran affinché ritiri dalla Siria i suoi consiglieri ‎militari e i combattenti sciiti, appare decisa a resistere alle pressioni di Trump. Di ‎Iran, Siria e Libia, oltre che di Ucraina, discuteranno oggi Vladimir Putin ed ‎Emmanuel Macron nel vertice Russia-Francia a San Pietroburgo. Mosca ha già ‎messo in chiaro che le condizioni poste dagli Stati Uniti all’Iran per evitare le ‎sanzioni sono inaccettabili e conta sugli Europei per vanificarle. Si cerca di capire ‎inoltre se la cancellazione del viaggio in Israele del premier francese, Edouard ‎Philippe, previsto per la prossima settimana, sia stata davvero decisa per gli ‎impegni del suo governo o se dietro ci siano motivi politici.‎
 Sanzioni gli Stati uniti potrebbero annunciaele anche contro l’Autorità ‎nazionale palestinese che ha chiesto alla Corte penale internazionale di indagare ‎sui crimini commessi dagli israeliani nei Territori occupati. Una legge statunitense ‎del 2015 stabilisce che l’Autorità palestinese è soggetta a sanzioni se tenta di ‎perseguire Israele alla Corte dell’Aja e prevede la chiusura della missione ‎diplomatica dell’Olp a Washignton. I rapporti tra palestinesi e Amministrazione ‎Trump si fanno sempre più roventi con il passare dei mesi dopo il riconoscimento ‎di Gerusalemme come capitale d’Israele fatto dal presidente Usa lo scorso 6 ‎dicembre. ‎«È un colono terrorista‎» ha detto ieri Mahmud Habash, consigliere del ‎presidente dell’Anp Abu Mazen, riferendosi all’ambasciatore americano in Israele, ‎David Friedman, dopo la pubblicazione di una immagine del diplomatico ‎sorridente accanto a una fotografia aerea di Gerusalemme ritoccata in cui non ‎compaiono la Cupola della Roccia e la Moschea di al Aqsa, sulla Spianata delle ‎moschee, rimpiazzate dal Tempio ebraico. Friedman è un sostenitore dichiarato ‎nonché finanziatore del movimento dei coloni israeliani ed è stato un elemento ‎chiave per il trasferimento dell’ambasciata Usa a Gerusalemme.