mercoledì 23 maggio 2018

il manifesto 23.5.18
Australia, condannato per abusi sessuali monsignor Wilson
Chiesa e abusi. Monsignor Wilson, 67 anni, che conquista il record mondiale del prelato cattolico più alto in grado finora condannato per questo reato, rischia fino a due anni di reclusione
di Luca Kocci


Non si è ancora chiuso il caso Cile (dove tutti i vescovi, la scorsa settimana, hanno presentato le proprie dimissioni al papa) che un nuovo scandalo di pedofilia del clero ha investito la Chiesa cattolica, stavolta in Australia. Ieri il tribunale penale di Newcastle (nel New South Wales, a 160 km da Sidney) ha riconosciuto monsignor Philip Wilson, arcivescovo di Adelaide e vicepresidente della Conferenza episcopale australiana, colpevole di aver nascosto gli abusi sessuali su giovanissimi chierichetti compiuti da un altro prete, James Fletcher (a sua volta già condannato e morto in carcere nel 2006, all’età di 65 anni).
A GIUGNO VERRÀ RESA nota la sentenza. Monsignor Wilson, 67 anni, che conquista il record mondiale del prelato cattolico più alto in grado finora condannato per questo reato, rischia fino a due anni di reclusione. I fatti risalgono agli anni ’70 e ’80, quando sia Wilson che Fletcher esercitavano nella diocesi di Maitland-Newcastle. Fletcher viene accusato di aver commesso abusi sessuali su almeno quattro minori e nel 2005 è condannato a otto anni per aver abusato di un chierichetto di 13 anni tra il 1989 e il 1991. Monsignor Wilson sapeva – questa l’accusa di alcune vittime che hanno portato l’arcivescovo in tribunale – ma ha sempre taciuto, coprendo l’altro prete. Il mese scorso, nel processo in cui era imputato, Wilson ha negato che gli ex chierichetti gli avessero detto di essere stati abusati sessualmente da Fletcher, adducendo come giustificazione l’Alzheimer, di cui il prelato soffre. Ma i magistrati non gli hanno creduto e ieri è arrivata la condanna. Momentaneamente Wilson resta libero su cauzione, dovrà presentarsi in tribunale il 19 giugno, quando verrà resa nota la sentenza.
«L’ARCIVESCOVO Philip Wilson è stato dichiarato colpevole per non aver informato la polizia in merito alle accuse di abusi sessuali su minori, non è ancora chiaro se farà appello al verdetto», ha spiegato in una nota monsignor Mark Coleridge, arcivescovo di Brisbane e presidente della Conferenza episcopale australiana, il quale ha poi ribadito che «la Chiesa cattolica australiana, come altre istituzioni, ha imparato molto sulla tragedia degli abusi sessuali su minori e ha implementato programmi, politiche e procedure più forti per proteggere i bambini e gli adulti vulnerabili». Il riferimento è alla grande inchiesta nazionale della Commissione governativa australiana – oltre a quelle di diversi tribunali locali – che per cinque anni, fino all’estate scorsa, ha indagato sugli abusi su minori commessi all’interno di organizzazioni laiche, scuole, società sportive ma anche da parte di preti e religiosi in tutta l’Australia (decine di migliaia di casi tra il 1950 e il 2010). Se la condanna di Wilson ha provocato un piccolo terremoto, a breve la Chiesa australiana potrebbe essere travolta da un vero tsunami i cui effetti arriverebbero direttamente in Vaticano.
IL PRIMO MAGGIO, infatti, a essere rinviato a giudizio per diversi casi di abusi su minori che sarebbero avvenuti tra gli anni ’70 e ’80 a Ballarat e a cavallo del 2000 a Melbourne è stato il cardinale George Pell, che papa Francesco prima ha nominato prefetto della Segreteria per l’economia (il superministero vaticano per l’economia, di fatto il numero tre di Oltretevere) e poi messo temporaneamente «in congedo» e inviato in Australia per affrontare il processo penale a suo carico. E questo, ovvero la collaborazione con le autorità civili che spesso non è favorita, resta il nodo principale della questione pedofilia nella Chiesa.
PRESTO ARRIVERÀ la sentenza. La condanna di Wilson da parte del tribunale di Newcastle è un precedente significativo, non come viatico di colpevolezza anche per Pell, ma come dimostrazione che la giustizia australiana non ha avuto remore a sanzionare il numero due della gerarchia cattolica dell’isola. Nei prossimi giorni arriveranno anche le decisioni del papa sul caso Cile. Dopo alcuni «scivoloni» da parte di Francesco – che ha difeso ad oltranza il vescovo Barros, accusato di aver coperto un prete pedofilo «seriale» –, le indagini del suo inviato in Cile (mons. Sicluna, vescovo di Malta) hanno svelato numerosi casi di pedofilia e il coinvolgimento di diversi preti e vescovi. Convocati in Vaticano e accusati dallo stesso Francesco di «gravissime negligenze nella protezione dei bambini» (mancate denunce, spostamento di preti pedofili da una diocesi all’altra) e di occultamento di prove («documenti distrutti»), i 34 vescovi cileni, fra cui due cardinali, si sono dimessi in blocco.
Ora toccherà al papa decidere chi lasciare al proprio posto e chi allontanare dall’incarico.