mercoledì 23 maggio 2018

il manifesto 23.5.18
Palestinesi alla Cpi: «Processate Israele per crimini di guerra»
Territori palestinesi occupati. Il ministro degli esteri dell'Anp ha presentato la richiesta ieri alla Corte penale internazionale. Israele: «Cinico e privo di validità legale‎». La procura dell Cpi valuta l'ammissibilità del passo palestinese
La sede della Corte penale internazionale all'Aja
di Michele Giorgio


GERUSALEMME «Cinico e privo di validità legale‎». In Israele è scattato l’allarme dopo il passo ‎ufficiale fatto dall’Anp presso la Corte penale internazionale dell’Aja (Cpi) per ‎‎«aprire immediatamente un’indagine‎» su Israele per crimini di guerra contro i ‎civili palestinesi nella Striscia di Gaza e sugli insediamenti coloniali costruiti in ‎violazione del diritto internazionale in Cisgiordania. ‎«La Cpi non ha autorità sulle ‎questioni israelo-palestinesi poiché Israele non è un membro della Corte e poiché ‎l’Autorità palestinese non è uno Stato‎», ha protestato il ministero degli esteri ‎israeliano. Non è ciò che si pensa in casa palestinese. ‎
 «Ci sono prove convincenti del fatto che siano stati commessi gravi crimini‎» ha ‎detto il ministro degli esteri dell’Anp Riad al Malki che ha presentato la richiesta ‎di indagine alla procuratrice della Cpi, Fatou Bensouda, nel corso di un incontro ‎alla sede della corte all’Aja. Questo è un ‎«importante e storico passo verso la ‎giustizia per il popolo palestinese che continua a subire crimini diffusi e ‎sistematici‎», ha aggiunto al Malki in riferimento alla strage di una settimana fa di ‎oltre 60 palestinesi durante le proteste sulle linee tra Israele e Gaza contro il ‎trasferimento dell’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme. I palestinesi ‎tornano ad insistere sulla questione degli insediamenti coloniali, uno degli aspetti ‎centrali dell’occupazione di Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est e che più di ‎altri espone Israele a critiche e condanne internazionali. Senza dimenticare che ‎l’espansione a dismisura delle colonie negli ultimi anni è stata determinante per il ‎fallimento di un accordo per i “Due Stati”, Israele e Palestina. Gli insediamenti, ‎scrivono i palestinesi, sono ‎«la minaccia più pericolosa per le vite e le nostre ‎risorse…Israele mantiene, estende e protegge il regime degli insediamenti, ‎commettendo crimini di guerra, crimini contro l’umanità e il crimine dell’apartheid ‎contro il popolo palestinese‎».
 Israele si aspetta che la Cpi chiuda in un cassetto la richiesta palestinese e ‎afferma di operare ‎«sulla base di meccanismi di revisione giudiziaria indipendenti ‎e globali che si addicono a uno Stato democratico e conformemente al diritto ‎internazionale». L’ufficio della procura internazionale invece, con un comunicato ‎postato ieri pomeriggio sul sito della Cpi, conferma che valuterà la questione. ‎Quindi si tenta di capire quali potranno essere gli sbocchi concreti del passo fatto ‎dall’Anp. ‎«I palestinesi si erano già mossi in questa direzione e la procuratrice ‎Fatou Bensouda prosegue la valutazione sulla base di tre criteri: la giurisdizione, ‎l’ammissibilità e l’interesse di giustizia. La novità sta nel fatto che, dovesse ‎convincersi che ci sono gli elementi per iniziare un’indagine completa, Bensouda ‎non sarebbe tenuta a chiedere l’autorizzazione alla Camera per l’autorizzazione a ‎procedere. Tuttavia il via a un’indagine a tutti gli effetti non significa che si ‎arriverebbe sicuramente a un processo», spiega al manifesto un esperto europeo di ‎diritto internazionale a Gerusalemme che ha chiesto di rimanere anonimo. ‎«Allo ‎stesso tempo – aggiunge l’esperto – è priva di consistenza l’obiezione israeliana ‎secondo la quale la richiesta palestinese non sarebbe ammissibile perché la ‎Palestina non è uno Stato. La Palestina ha ottenuto in questi anni riconoscimenti ‎ufficiali presso le più alte istituzioni internazionali e fa parte dalla Cpi dal 2015, ‎quindi ha i titoli per presentare la richiesta di indagine contro Israele».‎
 Si vedrà se e come il passo palestinese avrà dei risultati. Nel frattempo il ‎governo Netanyahu, mentre afferma di agire nel rispetto del diritto internazionale ‎e dei diritti umani, conferma la revoca del visto al direttore di Human Rights ‎Watch, Omar Shakir, perché sarebbe un sostenitore del Bds, il movimento per il ‎boicottaggio di Israele. Accusa che Shakir respinge denunciando un tentativo di ‎mettere a tacere le critiche di Hrw allo Stato ebraico. Resta in carcere intanto ‎Mohammed Tamimi, cugino di Ahed Tamimi, la 17enne palestinese detenuta ‎dallo scorso dicembre per aver schiaffeggiato due soldati israeliani. Mohammed, ‎‎15 anni, ferito gravemente alla testa da un colpo sparato da un militare è in attesa ‎di un intervento chirurgico per la ricomposizione delle ossa del cranio.