il manifesto 12.5.18
Gramsci, lo strumento dell’egemonia
Salone del Libro Di Torino. «Gramsci per la scuola», di Giuseppe Benedetti e Donatella Coccoli
Oggi alle 14.30 presso lo Spazio Autori con Marco Revelli che ha prefato il volume
Street-art Bologna
di Lelio La Porta
Il
titolo di un libro è, il più delle volte, indicativo del contenuto del
lavoro stesso. Se ci si trova, quindi, davanti ad un lavoro intitolato
Gramsci per la scuola. Conoscere è vivere, di Giuseppe Benedetti e
Donatella Coccoli (L’Asino d’oro, pp. 300, euro 18), si dovrebbe essere
predisposti alla lettura di un testo che affronti il problema della
mancata conoscenza di Gramsci nelle scuole italiane. Chiusa l’ultima
pagina, ripercorso l’indice, arrivati al punto di tirare le somme, si
nota che su dieci capitoli soltanto quelli fra il sesto e il nono sono
dedicati al rapporto fra Gramsci e la scuola, o meglio agli scritti da
Gramsci dedicati alla scuola.
Alcune questioni che, nella
pedagogia gramsciana, occupano un posto di primo piano, come «la scuola
disinteressata» e lo stesso fondamentale concetto di «für ewig», vengono
affrontati nel contesto di un’analisi che, per voler essere
onnicomprensiva, corre il rischio di rivelarsi insoddisfacente. Infatti,
pur affrontando in modo ponderoso i pensieri del grande sardo sulla
scuola e proponendo quegli aspetti della sua riflessione che, se presi
in considerazione, potrebbero invertire la tendenza delle sorti,
ahinoi!, purtroppo poco «magnifiche e progressive» della stessa
istituzione, il libro manca di quel furore «eroico» capace di porre al
centro dell’attenzione quello che, nella scuola, è il problema, ossia il
rapporto fra docenti e discenti che si configura ancora nei termini del
dominio e, conseguentemente, della subalternità a dispetto del nesso
dialettico di cui scriveva Gramsci (basti pensare al Club di vita morale
oppure alle note carcerarie sul principio educativo). Gramsci, perciò,
pone al centro del circuito docente-discente il ruolo dirigente del
primo che, nella sua posizione, dovrebbe assicurare la centralità
dell’obiettivo dell’apprendimento non nel valore pratico-professionale
delle nozioni acquisite bensì nella proposta di uno studio che sia
disinteressato proprio perché mirato allo sviluppo dell’interesse.
Educare ergo istruire, ossia portare a compimento la prometeica impresa
di porre le premesse di una formazione che, in modo spontaneo e non
indotto, avendo la storia come riferimento, consenta l’apprendimento di
quelle nozioni concrete che, uniche, riescono anche ad istruire. In una
parola, la formazione.
Va notata en passant, come peraltro mette
in evidenza Marco Revelli nella sua Prefazione, la presenza del nono
capitolo «inessenziale e in qualche misura ingiusto verso una figura che
ha rappresentato molto per la mia generazione e la nostra rivolta
giovanile»: si tratta di don Lorenzo Milani, definito un «anti-Gramsci
nella scuola».
La parte finale del lavoro è dedicata alle letture
su Gramsci, in specie in relazione al suo pensiero pedagogico. Gli
strali polemici degli autori vanno a colpire Togliatti e il Pci che,
secondo loro, hanno sempre usato Gramsci a fini partitici (con
particolare riferimento alla religione e all’articolo 7 della
Costituzione). Fra i tanti contributi citati non compare, a sostenere lo
stretto legame fra pedagogia e politica, quello dell’ultimo segretario
comunista, Alessandro Natta, che riflettendo intorno ai problemi della
scuola in Gramsci, faceva presente che la «scuola è lo strumento
dell’egemonia». Inoltre c’è un altro aspetto di incompletezza nel lavoro
di Benedetti e Coccoli; si tratta dei riferimenti alle ultime edizioni
delle opere gramsciane.
Pur citandola continuamente, dimenticano
di ricordare che l’edizione più completa delle lettere carcerarie è
quella del 1996 edita da Sellerio, ripubblicata nel 2013 dalla stessa
casa editrice, e curata da Antonio A. Santucci.
Se è vero che
conoscere è vivere, bisogna individuare quale sia il Gramsci per la
scuola: mi sembra che il più adatto allo stato presente delle nostre
scuole sia il maestro di metodo comunicato attraverso il lavoro di chi
insegna. Il maestro di rigore, di diligenza, di compostezza, di
concentrazione, di libertà; per questo serve far leggere Gramsci nelle
scuole agli studenti, far leggere gli scritti di Gramsci per le scuole
agli studenti e non riassumere il suo pensiero pedagogico ad uso degli
addetti ai lavori.