il manifesto 11.5.18
Riforma penitenziaria, i penalisti lanciano un ultimo appello a Mattarella
Carcere.
A Roma la procura chiede il rinvio a giudizio di dieci persone, tra
poliziotti penitenziari e medici, per il suicidio di un giovane detenuto
malato psichico. Mentre a Napoli si apre il processo a carico di 12
agenti per la «Cella zero» di Poggioreale
di Eleonora Martini
«La
normativa avrebbe il pregio di risollevare gli istituti di pena
italiani da quella gravissima situazione di sostanziale illegalità che
viene quotidianamente denunciata». Proprio nel giorno in cui la procura
di Roma chiude l’inchiesta sul suicidio di un giovane detenuto con
problemi psichici ipotizzando per dieci persone il reato di omicidio
colposo, e a Napoli molti ex detenuti manifestano all’apertura del
processo a carico di 12 agenti penitenziari accusati di violenze nella
cosiddetta «Cella zero», l’Unione delle Camere penali italiane lancia un
ultimo accorato appello, rivolto questa volta direttamente al
presidente Mattarella, per salvare in extremis la riforma
dell’ordinamento penitenziario voluta dal ministro Orlando che attende
solo l’ultimo atto del governo.
Valerio Guerrieri aveva 22 anni ed
era affetto da patologie psichiche quando si è suicidato nel carcere
romano di Regina Coeli, il 24 febbraio 2017. Arrestato nel settembre
2016 in flagranza di reato per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale
e danneggiamento aggravato, il 14 febbraio dell’anno scorso il giovane
viene condannato a sei mesi di reclusione ma da scontare in una Rems
(le residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza che hanno
sostituito gli Opg) perché il perito del tribunale aveva riscontrato «un
rischio suicidario non basso, quindi non trascurabile» che andava
«soppesato dal punto di vista trattamentale».
E invece Guerrieri
dieci giorni dopo si è impiccato nella sua cella. Ieri, dopo un anno di
indagini, il pm Attilio Pisani ha chiesto il rinvio a giudizio per otto
agenti penitenziari e due medici del carcere ipotizzando il reato di
omicidio colposo. Archiviato invece un esposto presentato dalla mamma di
Guerrieri che contestava l’illegittimità della detenzione.
Un
fatto, questo, che ha sorpreso il Garante dei detenuti della Regione
Lazio, Stefano Anastasia che ricorda come «il ragazzo sia stato
trattenuto in carcere per più di dieci giorni senza un titolo legittimo
di detenzione». «Perché – chiede ora Anastasia – quando è venuta meno la
custodia cautelare per cui era entrato a Regina Coeli, non è stato
liberato? E perché tanti altri come lui, persone con problemi di salute
mentale, ma né condannati né sottoposti a custodia cautelare, continuano
a essere trattenuti in carcere senza un titolo legittimo di
detenzione?».
A Napoli invece si è aperto ieri, con un sit in di
protesta di ex detenuti, il processo a carico di 12 agenti penitenziari
accusati di presunte violenze commesse nella cosiddetta «Cella zero» di
Poggioreale, ossia una cella spoglia di qualsiasi arredamento ma
soprattutto senza area di videosorveglianza. I manifestanti, alcuni dei
quali denunciano di aver subito le medesime violenze dei sei detenuti
dalla cui testimonianza è stata avviata l’inchiesta, si sono detti
preoccupati «perché questo processo iniziato oggi già puzza di
prescrizione». I reati contestati, infatti – lesioni, maltrattamento, e
in due casi sequestro di persona – risalgono al periodo compreso fra la
fine del 2012 e i primi mesi del 2014.
Una cronaca, quella di
ieri, particolarmente emblematica in un frangente nel quale sembra ormai
impossibile trasformare in legge il primo decreto attuativo della
riforma dell’ordinamento penitenziario (quello sulle misure alternative)
che attende solo l’approvazione definitiva da parte del governo.
L’esecutivo infatti, come ha spiegato al manifesto l’ex presidente della
Consulta, Flick, non ha più l’obbligo di attendere un passaggio alle
commissioni parlamentari.
E così ancora ieri l’Ucpi ha fatto
appello al presidente Mattarella affinché indichi al «governo ancora in
carica la strada per la definitiva approvazione e promulgazione della
legge». Una «riforma fondamentale», ricordano i penalisti, che ha anche
«il compito di dare attuazione ai principi costituzionali dell’articolo
27 ed a quanto richiestoci dall’Europa».