Il Fatto 30.5.18
Barbara Spinelli
“I mercati non possono stare al di sopra della Costituzione”
Per la giornalista ed europarlamentare di sinistra “è molto grave che sia stato giudicato inaccettabile discutere dell’euro”
di Stefano Feltri
Barbara
Spinelli, il Quirinale ha bloccato la nomina di Paolo Savona al Tesoro
per timore delle reazioni dei mercati, che sono crollati comunque.
Quanto devono contare i mercati nelle decisioni della politica?
Sicuramente
contano ma non devono essere in competizione con le elezioni. Nel ’98,
l’ex governatore della Bundesbank Hans Tietmeyer disse che ormai le
democrazie si fondano su due plebisciti egualmente legittimi: quello
popolare e quello permanente dei mercati internazionali. È una visione
nefasta. I mercati non possono esser messi sullo stesso piano
dell’articolo 1 della Costituzione, secondo cui la sovranità appartiene
al popolo.
Il commissario Ue Oettinger ha detto: “I mercati
insegneranno agli italiani a non votare per i populisti alle prossime
elezioni”. Le prossime elezioni saranno lo scontro finale tra sovranisti
e anti-sovranisti?
Non esistono scontri finali nella storia. Lo
scontro in questione è d’altronde basato su una fake news: l’uscita
dall’euro non era nel programma M5S-Lega. Né in quello di Savona.
L’uscita dall’euro era però in una bozza del contratto di governo.
Lega
e Cinque Stelle l’hanno poi ritirata. Il Quirinale lo ha ignorato: mi
sembra tra l’altro che abbia opposto il suo veto non al programma, ma a
Savona. Detto questo, non ritengo di per sé uno scandalo che si possa
parlare di uscita dall’euro. Da anni scenari simili sono allo studio,
viste le grandi e irrisolte difficoltà dell’eurozona: sono contemplati,
sia pur segretamente, non solo da Savona ma dalla Banca d’Italia, dalla
Banca centrale, da massimi economisti tedeschi.
Come viene vista la situazione a Bruxelles: pericolo scampato o grande incertezza?
L’establishment
comunitario ha pesato su Mattarella, con pressioni di vario genere. La
preoccupazione resta, anche se l’Italia è oggi commissariata più
esplicitamente ancora che negli ultimi anni: oggi tramite Cottarelli e
Fmi, domani forse tramite Draghi. Ma le elezioni non sono abolite.
Inoltre resta un grande “non-detto” nell’establishment europeo.
Cioè?
Cosa
significa uscire dall’euro: implica anche uscire dall’Ue? Il non-detto
può trasformarsi in pressioni aggiuntive. Personalmente non credo che le
due cose si equivalgano. I pareri legali sono divisi su questo.
Tra gli elettori crescerà la voglia di cambiamento o prevarrà il timore dell’incertezza?
Le
forti pressioni su Tsipras non impedirono ai greci, nel 2015, di votare
contro il memorandum della Troika. La paura può produrre spinte alla
ribellione. Anche in Germania l’euro-scetticismo è aumentato: si
continua a parlare di un’eurozona ristretta. Trovo molto grave che ci
sia stato un veto a Savona per le sue critiche all’unione monetaria:
significa non riconoscere le conseguenze gravissime delle disfunzioni
dell’eurozona, già segnalate agli esordi da Paolo Baffi. Le
disuguaglianze sociali e geografiche che ha prodotto generano il rigetto
presente. L’architettura e i parametri dell’eurozona vanno dunque
cambiati. E i cambiamenti vanno negoziati in maniera efficace. Savona
era il più adatto a questo compito. Non l’hanno voluto per questo.
Perché
chi considera l’euro e l’Ue intoccabili non riesce ad argomentare le
proprie posizioni con la stessa efficacia dei critici?
Le
posizioni dei difensori dell’euro sono spesso ideologiche, del tutto
allergiche alla dialettica. Le tesi si rafforzano attraverso il
confronto con le obiezioni. Se Savona dice che lo statuto della Bce deve
considerare prioritari non solo la stabilità dei prezzi ma anche
l’occupazione a l’aumento della domanda, perché viene considerato
eretico? Si parla di eresia quando c’è un’ortodossia religiosa. Il caso
greco avrebbe dovuto far capire che esiste ormai una tragica
sconnessione tra le sovranità popolari e la delega a poteri europei
neoliberisti.
Il tema della sovranità popolare è però lasciato dai liberal a personaggi come Steve Bannon, che è a Roma in questi giorni.
Sono
d’accordo. Ma chi ha consegnato il tema della sovranità popolare alle
destre estreme? Le forze di sinistra classiche. Mattarella ha messo il
veto sulla scelta di Savona, ma non aveva niente da dire sul capitolo
migranti del programma? O su quello della sicurezza interna?
Qual è stato l’errore della sinistra?
Da
decenni, la sinistra ha smesso di occuparsi dei diritti sociali ed
economici concentrandosi su quelli civili. Questi ultimi sono
indispensabili, ma se si rinuncia a quelli sociali ed economici finiremo
col perdere anche quelli civili. Come si vede in Polonia, dove il
governo approva misure di Welfare ma smantella diritti civili. Se la
sinistra rinuncia, saranno le estreme destre a presidiare la questione
sociale.
L’idea di un “fronte repubblicano” guidato da Gentiloni a difesa di istituzioni e Ue è incoraggiante?
No
comment sulla sinistra di Gentiloni o Renzi. Su alcune politiche –
penso a quelle di Minniti sui rimpatri in Libia– non vedo differenze dal
programma della Lega. Gentiloni si è congedato dicendo: ‘La stanza dei
bottoni non me l’hanno mai mostrata’. Quindi chi comandava? Non andare
fuori strada significa lasciare che nella stanza dei bottoni comandi il
‘plebiscito permanente dei mercati’? E cosa significa l’articolo 11
della Costituzione, quando si delegano sovranità a ordinamenti
internazionali il cui scopo non è più ‘la pace e la giustizia fra le
Nazioni’?