sabato 26 maggio 2018

Il Fatto 26.5.18
“Corsivo o stampatello, la mano marca il segno”
L’autrice spiega cosa c’è dietro alla pratica di scrivere a mano. E non c’entra con l’interpretazione del nostro carattere
“Corsivo o stampatello, la mano marca il segno”
di Francesca Biasetton

autrice de “La bellezza del segno”.

Nel corso degli anni, a causa della mia professione, mi è stata fatta più volte la seguente richiesta: “Fai la calligrafa, che bello, potresti interpretare la mia calligrafia?” e anche “avremmo piacere di averla in trasmissione, potrebbe interpretare la calligrafia degli altri ospiti…” Richiesta che evidenzia alcuni equivoci: viene confusa la calligrafia con la grafologia (due diverse discipline, entrambi valutano la grafia dal punto di vista delle forme: la bella forma delle lettere e la bella grafia l’una, lo studio della personalità in rapporto alla grafia l’altra). E anche la calligrafia con la grafia: la calligrafia è la pratica della bella scrittura manuale, seguendo regole che governano le forme e le proporzioni delle lettere a seconda dello stile e del modello a cui si fa riferimento. Altro è la nostra grafia, la scrittura “quotidiana” che utilizziamo – quando e se ancora scriviamo a mano, e non utilizzando la tastiera, quando impugniamo uno strumento e tracciamo le parole con la nostra grafia, invece di premere dei tasti che generano delle lettere tutte uguali.
Che siano i segni incerti di chi sta imparando a scrivere, o il corsivo di chi ha imparato “a quei tempi”, lo stampatello indecifrabile di chi non stacca la penna dal foglio (creando legature tra le lettere che generano confusione), o un mix informale e spensierato di segni; una nota su un foglio “volante”, un promemoria su un post-it, un’annotazione sulla tovaglietta di carta della trattoria; una lettera d’amore, un indirizzo su una busta (o una poesia, vero Emily Dickinson?); gli appunti di studio su un quaderno, la lista della spesa su un foglietto, la bozza di un racconto su fogli sparsi; una dichiarazione – di pace, di guerra – su uno striscione, uno slogan su un muro. Che sia con la matita – grigia, colorata, rossa! – con la biro o con la stilografica, con un roller o un pennarello, un pennello, lo spray: blu come il mare, “nero su bianco”, a colori… Segni, successione di segni, righe di segni – tracce del movimento della mano: spigolosi, tondeggianti; in corsivo o in stampatello, un ritmo ordinato o un groviglio disordinato, che invita alla lettura o decifrabile con difficoltà. E poi c’è la firma che assume il ruolo di testimonianza della nostra presenza: sono io, sottoscrivo, sono d’accordo, è da te per me. O l’autografo, che è una firma particolare, testimonianza di un contatto con qualcuno che riteniamo speciale: io c’ero, l’ho incontrato, e questo autografo ne è la prova. La documentazione cartacea, che ha riempito (riempiva?) le case e gli archivi, porta con sé informazioni che ci aiutano a ricostruire il nostro passato – diari, corrispondenze, registri contabili, atti di proprietà, quaderni, prime stesure – non solo attraverso i loro contenuti. La loro fisicità ci informa sui materiali di supporto a questi testi, sugli strumenti utilizzati per scrivere, che a loro volta hanno influenzato la forma delle lettere e lo stile della scrittura. Sfogliando questi documenti manoscritti abbiamo la sensazione di accedere a qualcosa di speciale, di poter “curiosare” tra le carte dell’autore, assistere al processo della creazione – cancellature, correzioni, note a margine, testi “in divenire” – e vivere un’esperienza che difficilmente un testo stampato potrà trasmetterci. Come la nostra voce, il nostro volto e la nostra andatura, anche la nostra scrittura ci assomiglia, presenta caratteristiche che la rendono diversa e unica. Certo l’agilità e la velocità garantite dalle nuove tecnologie sono funzionali per il lavoro e le comunicazioni, ma non ci danno accesso ai contenuti emotivi. Tvb raggiungerà velocemente il destinatario, ma sarà uguale nella forma e nel contenuto a tutti i Tvb digitati. Certo più veloce, ma siamo sicuri che la velocità sia sempre e comunque necessaria? Pensiamoci quando il nostro smartphone ci notifica l’arrivo di una mail mentre siamo in vacanza… È comunque inutile contrapporre i due sistemi, ognuno è necessario e funzionale alla specifica situazione: cosa si vuole dire, come si vuole dire. Senza trascurare che scrivere a mano o con la tastiera sono due processi diversi anche da un punto di vista mentale: la possibilità, attraverso una combinazione di tasti, di “tornare indietro”, e i suggerimenti del correttore automatico influenzano il nostro rapporto con i contenuti. Ma qui si entra in un altro campo, e i calligrafi, tecnici della scrittura, stanno a guardare, continuando a scrivere, a mano…