Il Fatto 17.5.18
Il sogno di Orbán: Europa blindata modello Ungheria
Messe
alla porta le associazioni liberali del magnate Soros, il premier punta
alla fine all’Unione: “Non salveremo una democrazia naufragata”
di Michela A. G. Iaccarino
Negli
uffici della fondazione Open Society a Budapest gli addetti chiudono
gli scatoloni e spengono le luci. Li riapriranno solo una volta a
Berlino. La battaglia è stata perduta: l’associazione per i diritti
umani e civili, finanziata dal magnate ebreo George Soros, ha chiuso
definitivamente i battenti in Ungheria. “Il governo ci ha screditato con
le menzogne, ha soffocato la società civile per vantaggi politici con
strumenti mai visti in Europa”: con queste parole il presidente dell’ong
Patrik Gaspard ha detto addio agli spettri dispotici che si agitano
impuniti sul Danubio.
“L’era delle democrazie liberali è finita”.
Il premier Orban l’ha detto quattro giorni prima che la Open Society
decidesse di trasferire la nuova sede operativa in Germania, quando il
Parlamento intorno lo applaudiva durante l’insediamento per il suo
quarto mandato da premier.
Nonostante gli scandali di corruzione
che avvolgono la sua cerchia, Orban ha ottenuto un’ampia maggioranza
alle ultime elezioni ripetendo solo tre cose: i migranti distruggeranno
l’Ungheria, Soros vuole eliminare la sovranità magiara, io li fermerò.
Oltre
alla Open Society, nel mirino del governo Fidezs adesso rimane un’altra
istituzione finanziata dal tycoon ebreo: la Ceu, Central European
University, fondata nel 1991, l’anno in cui l’Unione Sovietica moriva.
Si trova nella Capitale: le sue attività potrebbero terminare a breve,
come è successo alla Open Society.
“La nostra missione era
insegnare alle persone a essere libere”, ma l’ambiente è sempre più
“ostile”, ha detto il rettore Micheal Ignatieff, ex politico liberale
canadese. La decisione che verrà presa sull’università “avrà infinite
ramificazioni per quello che diventerà l’Ungheria”.
Con nessun
margine di manovra all’orizzonte e poche possibilità per continuare a
lavorare, “un altro anno accademico così risulta impossibile, ma noi non
ce ne andremo in silenzio”, ha promesso Ignatieff. Tra banchi e
corridoi i professori già mormorano coordinate austriache, l’istituzione
potrebbe trasferirsi a Vienna, intanto è stop alle iscrizioni degli
studenti da gennaio, mentre al parlamento di Budapest procede anche la
cosiddetta “legge anti-Soros”, disegno che prevede una stretta ulteriore
alle libertà civili e una tassa del 25% a tutte le associazioni che
ricevono finanziamenti dall’estero.
Nella guerra che Orban ha
dichiarato a ogni oppositore del suo potere, media liberi compresi,
nessun comodo armistizio verrà trovato in patria, ma la sua prossima
tappa è oltre confine. Orban vuole conquistare Bruxelles per mettere
fine “all’incubo degli Stati Uniti d’Europa” e divenire testa d’ariete
di Stati-nazione dell’Unione.
Oltre la barriera di filo spinato
alla frontiera d’Ungheria, il premier mira a quello che ha definito il
“grande gioco”, il piano continentale: “Abbiamo bisogno dell’Unione,
l’Unione ha bisogno di noi. Non proveremo a salvare una democrazia
liberale naufragata, ma costruiremo la democrazia cristiana del 21°
secolo”. Orban in pugno ha già il suo Paese, nell’altro adesso vuole
stringere l’Europa.