Corriere 19.5.18
Violazione della privacy
Il Garante contesta l’Istat: il censimento è una schedatura
di Fiorenza Sarzanini
La
raccolta dei dati dei cittadini fatta dall’Istat per stilare censimenti
e statistiche attraverso il «codice unico chiamato Sim, determina una
vera e propria schedatura permanente di ogni individuo, nel tempo e
nello spazio, con gravi rischi per i diritti e le libertà degli
interessati». È questa la gravissima accusa del garante della Privacy
Antonello Soro sull’attività dell’istituto contenute in un parere
pubblicato ieri sera. La relazione riguarda le informazioni che l’Istat
mira a ottenere attraverso il «sistema integrato dei registri» .
Nelle
otto pagine dedicate all’attività dell’Istat viene evidenziato come
«nel corso degli ultimi anni è emersa la progressiva tendenza
dell’Istituto a rafforzare l’utilizzo dei dati amministrativi a fini
statistici, dotandosi di una vera e propria infrastruttura centralizzata
per la loro gestione, che contiene la duplicazione di numerose decine
di archivi amministrativi e statistici relativi alla totalità dei
cittadini». E si sottolineano le «criticità» del «codice Sim attribuito a
ogni individuo attraverso i codici fiscali delle persone fisiche
censite nelle diverse banche dati». Ne deriva una sorta di «Grande
fratello» che raccoglie notizie anche riservate sulla popolazione senza
le necessarie garanzie. E dunque il Garante esprime parere «non
favorevole» sui lavori che l’Istituto aveva già programmato per il
prossimo triennio. Compreso quello sui Big Data che prevede «la
sperimentazione dell’utilizzo di dati di telefonia mobile, contenuti
social media, scanner della grande distribuzione, smart meters relativi
al consumo di energia elettrica delle famiglie, e-commerce».
Il nuovo Censimento
L’Istat
ha annunciato di voler effettuare la rilevazione «con cadenza annuale,
classificando l’intera popolazione in relazione alla probabilità di
ciascun individuo (e della sua famiglia) “di presenza/assenza in un dato
ambito territoriale” anche al fine di comunicare alle competenti
amministrazioni comunali i nominativi degli stessi per la successiva
revisione delle anagrafi». Questo deve però prevedere «l’introduzione di
uno specifico quadro di garanzie a tutela degli interessati». E invece,
è la contestazione «i prospetti non consentono di comprendere la
finalità e le modalità di trattamento, né il processo decisionale
automatizzato (profilazione) e la logica utilizzati per l’individuazione
del campione di interessati». Inoltre, le notizie ottenute attraverso
«Acquirente unico spa» contengono tra gli altri «i dati sui consumi
individuali, per fascia oraria di energia e gas e, quindi, informazioni
idonee a rivelare, in determinati casi, anche lo stato di salute delle
persone interessate (come quelle riferite a macchinari salvavita)».
Minori e disabili
Una
delle «statistiche da indagine» già pianificata «prevede il
coinvolgimento di soggetti minori di età, anche infra-quattordicenni, in
qualità di “unità di rilevazione” per analizzare “comportamenti,
atteggiamenti e progetti futuri”». Ebbene, secondo Soro «la
realizzazione di tali progetti prevede che minori, anche giovanissimi,
siano chiamati a rispondere (talvolta obbligatoriamente, tramite la
compilazione di appositi questionari, anche online, o diari) a numerosi
quesiti, spesso connessi ad aspetti molto delicati della vita quotidiana
che, oltre a rivelare informazioni, anche sensibili, sono comunque
idonee a creare situazioni di forte disagio e imbarazzo. Tra le
variabili si rilevano, in particolare, le difficoltà nelle attività
quotidiane (cura della persona, attività domestiche), la contraccezione e
la vita sessuale, i determinanti della salute (abitudine al fumo,
problemi di peso, attività fisica, consumo di alcol, consumo di frutta e
verdura) e la storia migratoria». Senza contare le «criticità» del
progetto, realizzato con Unicef «in relazione alla conservazione dei
dati identificativi» per creare «non meglio specificati database sui
giovani e un data set-integrato sull’integrazione dei cittadini
stranieri». È negativo il giudizio anche rispetto al nuovo «Archivio
disabilità» prendendo dati «da ben 7 archivi di Inps e Agenzia delle
Entrate senza specificare le finalità».