lunedì 9 aprile 2018

Repubblica 9.6.18
Le elezioni in Ungheria
Orbán vince, ma cede voti all’ultradestra
Alta l’affluenza. Per il premier una riconferma anche se con meno consensi. Cresce il partito nazionalista Jobbik promotore di campagne pro giustizia sociale e anti corruzione. Il governo richiama la polizia speciale nella capitale
di Andrea Tarquini


Budapest Centinaia, forse migliaia di persone ancora in coda ieri sera ai seggi principali, dalla strada di lusso Váci Utca fino alla scuola nella strada dedicata al poeta Miklos Rádnoti assassinato dai nazisti. Centinaia o migliaia, soprattutto giovani. E sugli schermi delle televisioni europee la diretta da Budapest: la dimostrazione di un voto, quello di ieri, che fino all’ultimo minuto ha tenuto l’Europa intera col fiato sospeso.
Ieri per tutto il giorno e ancora di più quando i primi risultati hanno cominciato ad arrivare, tutti hanno scommesso su una riconferma, un terzo mandato, del popolare premier sovranista e neoconservatore Viktor Orbán e i primi risultati sembrano confermare la previsione: Fidesz si ferma poco sotto il 50%, ma gli ultranazionalisti di Jobbik sono sopra il 20%. Sotto al 12% i socialisti. In attesa dei risultati definitivi, è allarme rosso per l’ordine pubblico. In una decisione senza precedenti dopo la fine della dittatura comunista una generazione fa, il governo ha ordinato a forti contingenti dei Komondor e degli altri reparti speciali della polizia di convergere in corsa verso la capitale e le altre grandi città. Suspense al calor bianco, nella bella Ungheria, anche se la conferma del terzo mandato per il primo ministro Viktor Orbán sembra certa. Un mandato dotato di maggioranza assoluta, ma non della maggioranza di due terzi dello Orszaház (Parlamento nazionale) senza la quale non potrebbe continuare a ricostruire le istituzioni secondo il suo modello di “ democrazia illiberale”, che loda apertamente la Russia di Putin e la Turchia di Erdogan, caso unico in un Paese membro dell’Unione europea e della Nato e beneficiario di enormi aiuti Ue che gonfiano la solida crescita economica.
Siamo stati dal mattino al pomeriggio a vedere le code davanti ai seggi. Polizia discreta, pattuglie in tenuta da ordine pubblico ma parcheggiate coi furgoni Mercedes solo in strade adiacenti, non davanti al seggio. Ma questa è solo una parte della realtà. L’altra sono i volti impazienti e delusi delle code di cittadini elettori decisi a votare, giovani ma anche pensionati: « Vogliamo dire la nostra al governo » , era la frase che nella lingua magiara senti pronunciare da tutti.
Sempre la stessa scena si è presentata davanti ai nostri occhi. A Vávi utca che dai tempi dell’Impero del male sovietico era la migliore shopping street dell’Est, dove studenti si mischiavano a professori pensionati.
Fino al lontano Angyalföld, campo degli angeli a un capolinea della metro, dai tempi asburgici quartiere proletario adesso gentrificato grazie alla robusta crescita economica. Sempre gli stessi mugugni sussurrati da civili mitteleuropei: « Vogliamo solo votare, perché dobbiamo metterci tanto tempo? ».
In alcune località la chiusura dei seggi è stata ritardata dalle 19 alle 22 e oltre. E intanto colonne con sirena e luce blu di camion Mercedes dei reparti speciali puntano sulla capitale pronti chi sa perché a prendere controllo di tutto. Code ai seggi, code sulle autostrade.
I primi risultati confermano che, come avevano previsto i sondaggi Orbán ce l’ha fatta, ma ha perso voti a vantaggio di Jobbik, l’ex partito di ultra- destra trasformatosi in centrodestra pro-giustizia sociale e contro la corruzione di cui anche l’Unione europea accusa la maggioranza del premier.
Ma visto tutto resta possibile. «Anche reazioni violente da parte di un Orbán indebolito » , ha detto a Repubblica Agnes Heller, decana del dissenso liberal dell’Est. Di ora in ora, il cuore dell’Europa batte col fiato sospeso qui nella “ Perla del Danubio”.