Repubblica 30.4.18
La storia
Documenti ritrovati
Strage di Bologna, il dolore del mondo nelle lettere alla città ferita
Quei messaggi di Mitterrand, Simone Veil, e Berlinguer, di studenti e operai, dall’Europa agli Usa. Tanti vergati a penna
A
migliaia scrissero al sindaco dopo il 2 agosto 1980: leader politici e
gente comune Ora gli archivi svelano quel fiume di solidarietà. E i
vaglia con le offerte alle famiglie dei morti
di Ilaria Venturi
BOLOGNA
L’indignazione dei democratici francesi nel telegramma di François
Mitterand in veste di segretario del partito socialista. E lo sdegno nel
biglietto in bella calligrafia della signora Paola, impiegata statale.
Il cordoglio del parlamento europeo a firma di Simone Veil, quello di
Amintore Fanfani e Nilde Iotti. E lo sgomento di Maria che scrive in
nome del padre martire della Resistenza veronese. La preoccupazione di
Enrico Berlinguer («stiamo seguendo gli sviluppi di questa immane
tragedia minuto per minuto»). E le firme raccolte di tenda in tenda dai
campeggiatori di Lido degli Scacchi contro il «vile attentato fascista».
I dieci milioni di lire inviati da Carmelo Bene e i 326 dollari
raccolti con uno Spaghetti’s dinner dalla settantenne Rose di Los
Angeles.
Missive e vaglia. Parole e contributi in denaro. Big di
Stato e gente comune. Solidarietà e partecipazione nell’era
ante-Facebook. Dagli archivi del Comune di Bologna esce la reazione che
scattò, via posta, subito dopo la strage alla stazione, l’atto
terroristico di stampo neofascista che provocò 85 morti e 200 feriti.
Migliaia di lettere e telegrammi — istituzionali ma anche e soprattutto
di pensionati, operai, studenti, emigrati e militanti — indirizzati
all’allora sindaco Renato Zangheri nei giorni successivi al 2 agosto
1980: fogli vergati a mano e scritti a macchina, dolore e rabbia fissati
sulla carta intestata degli alberghi, perché era estate e si era in
vacanza. Ma c’era l’urgenza di spedire sostegno alle vittime, mettere in
buchetta la condanna di una strage. È la storica Cinzia Venturoli ad
aver aperto questi inediti faldoni della coscienza civile. Gilberto che
ricambia l’abbraccio ricevuto dai bolognesi quando entrò col suo plotone
per liberare la città il 21 aprile del 1945. Il messaggio dei medici
statunitensi laureati all’Alma Mater, le parole della scuola di Manuela
Gallon, vittima a 11 anni: «Addio bimba». Scritti che diventeranno uno
spettacolo teatrale (regia di Matteo Belli), per la prossima
commemorazione: “Sinfonia di soccorsi”. Un progetto dell’assemblea
legislativa regionale con l’associazione dei famigliari delle vittime
per narrare la reazione sociale e non ancora social di «chi si sentiva
parte di un tutto e voleva esserci, non per presenzialismo: era una
necessità collettiva», osserva la storica. Lettere che arrivano sotto le
torri dall’Urss e dagli Usa, da Yalta, da tutta Europa. Si mobilitano i
carcerati: pronti a donare il sangue. I villeggianti a Pieve di Cadore
inviano una sottoscrizione contro quella «mostruosità eversiva», i
lavoratori della Rinascente mettono nero su bianco la loro
«inquietudine», scrivono i militanti del Pci, anche della sezione
australiana, gli ex combattenti, i profughi cileni, l’Unione contro il
nazismo di Tel Aviv. Bologna diventa il mondo di tutti. Susan da Buffalo
ammira «il modo umano» con cui ha reagito la città. «Bisogna continuare
a cercare le verità mancanti sulla strage e a ricordare le vittime —
spiega Cinzia Venturoli — Queste carte aggiungono un tassello in un
momento in cui è così difficile tenere coesa la società.
Rispondono cioè a una domanda che spesso mi fanno gli studenti: come si reagisce a una strage?».
Al
sindaco di un piccolo comune reggiano sembrano poche quelle 825mila
lire inviate, «invece il dolore della mia gente è grande».
Dopo
tre mesi, annuncia il giornalino del Comune conservato tra le carte, il
fondo per le vittime arriva a un miliardo di lire. «Il paese ha in sé le
forze per schiacciare i nemici della convivenza civile», scriveva Nilde
Iotti. Lo dice altrimenti chi si firma “una ragazza qualsiasi”: «Non è
tutto finito, nelle persone ci sono ancora tante cose belle e buone: la
migliore difesa contro qualsiasi rigurgito reazionario».