Repubblica 30.4.18
Baviera, il dilemma di Söder
Non piace a Marx (il vescovo) il crocefisso in uffici pubblici
di Roberto Brunelli
Parole
inequivocabili, quelle di Marx. Il suo è un “no” forte e vibrante al
crocefisso appeso d’obbligo negli uffici pubblici: «Non spetta allo
Stato spiegare quale sia il significato della croce», tuona. Solo che
non è di Karl Marx, l’autore del Capitale, che stiamo parlando, ma di
Reinhard Marx, arcivescovo e cardinale nonché presidente della
Conferenza episcopale tedesca. Che in un’intervista alla Süddeutsche
Zeitung ha frontalmente attaccato il governatore della Baviera Markus
Söder, il cui gabinetto martedì scorso ha varato una direttiva per cui
in ogni locale pubblico del Land dovrà essere appeso il simbolo della
cristianità.
Iniziativa che ha scatenato, in un paese a forte
impronta laica come la Germania, un dibattito furioso che è andato ben
oltre i confini della Baviera: i Verdi e la Linke definiscono di natura
«populista e anticostituzionale» la sortita del cristiano-sociale Söder,
mentre i liberali di Christian Lindner non esitano a parlare di
«profanazione della croce». Pure diversi importanti esponenti della
Chiesa bavarese reagiscono con nervosismo: «La croce non è mica il logo
di una campagna elettorale». I sondaggi non aiutano: secondo un
rilevamento dell’istituto Emnid per la Bild, è contrario all’affissione
del crocefisso il 64% dei tedeschi.
Ma il vero colpo al cuore per
il povero Söder - che aveva tentato di difendersi tirando in ballo
«l’identità bavarese» - è la sortita senza se e senza ma del cardinale
Marx. La decisione di procedere all’affissione del crocefisso negli
uffici del Land crea «divisione e inquietudine», scandisce il capo dei
vescovi: «E chi vede il crocefisso solo come un simbolo culturale non ne
ha compreso il significato». Parole come pietre, che sottintendono la
natura strumentale della decisione del governo bavarese: «La croce viene
espropriata in nome dello Stato», attacca Marx, secondo cui «essa è un
simbolo del rifiuto della violenza, dell’ingiustizia e del peccato, ma
non un simbolo rivolto contro altri esseri umani».
Marx sottolinea
che, sì, è opportuno un dibattito sul crocefisso, ma in termini che
certo non sono quelli intesi da Söder: «Cosa significa vivere in un
paese caratterizzato cristianamente?», si chiede il presidente della
conferenza episcopale, secondo cui la definizione comprende «i
cristiani, ma anche i musulmani, gli ebrei e coloro che non credono
affatto». Marx non ha dubbi: lo Stato deve far sì che possano
«articolarsi» le diverse confessioni, ma non può decidere quale debba
essere il contenuto di una convinzione religiosa.
Insomma, il
Vangelo non si lascia tradurre in politica in una scala “uno ad uno”:
«La croce dovrebbe essere un modello per la politica affinché sia
rispettata la dignità di ogni persona, soprattutto dei più deboli. Sono
questi i parametri su cui misurarsi».
Insomma, Marx e crocefisso non è un ossimoro, in Germania. Altro che oppio dei popoli.