venerdì 13 aprile 2018

Repubblica 13.4.18
Non solo Facebook
Anche lo Zuckerberg cinese chiede scusa “Socialismo tradito”
di Filippo Santelli


PECHINO, CINA Il tono, composto e dimesso, è proprio lo stesso di Zuckerberg.
Invece che al Parlamento però, in Cina le scuse si rivolgono al Partito. E se del rispetto della privacy non ci si deve preoccupare poi tanto, quello dell’ortodossia comunista va messo sopra ogni altra cosa.
«Sono profondamente addolorato» per aver lanciato un servizio che «collide con i valori fondamentali socialisti», ha scritto in una nota ufficiale Zhang Yiming, il 34 enne a capo di Bytedance, impero di app e contenuti digitali a cui centinaia di milioni di cinesi ogni giorno incollano gli occhi. Startup valutata 20 miliardi, una delle più grandi al mondo, che ha fatto spesso accostare questo occhialuto e nerdissimo ingegnere informatico al fondatore di Facebook. Ora anche nella necessità di fare ammenda.
Perché il Partito sembra non gradire più le app di Zhang.
Quelle più serie come l’aggregatore di notizie Tuotiao, di cui l’autorità per i media ha bloccato il download per tre settimane. E quelle più frivole attraverso cui tanti giovani trovano un canale di sfogo e ironia. La piattaforma video Houshan, spezzoni di vita reale di persone qualunque dati in pasto alla Rete, è stata crocifissa dalla tv di Stato per i profili gestiti da mamme minorenni, una «glorificazione della gravidanza precoce». Mentre mercoledì è stata bloccata Neihan Duanzi, una applicazione per condividere barzellette e gag, con parecchia volgarità e qualche intrusione di pornografia. Nulla di politicamente sensibile. Ma la censura spara con il bazooka da quando Xi Jinping, negli stessi emendamenti in cui si incoronava a vita, ha introdotto i “valori fondamentali socialisti” in Costituzione. La polizia delle parole, riorganizzata e rafforzata, ha vietato ogni forma di parodia di film o opere storiche, bando ai The Jackal locali, e ha oscurato nei negozi digitali diverse app di notizie. Quasi a voler mostrare che neppure la piazza digitale, le sue celebrità e i suoi imprenditori sono sopra le regole. Zhang, nonostante 4 miliardi di dollari di patrimonio e schiere di ammiratori, ha abbassato il capo: «Negli ultimi anni abbiamo concentrato tutti gli sforzi nell’espandere il business, ma siamo rimasti indietro nel costruire un sistema di filtri».
Parole che calzano a pennello anche a Facebook e Twitter, per le annunciate battaglie contro propagatori di odio o fake news.
Questa però è la Cina, e i filtri che il suo Zuckerberg ha iniziato a programmare servono ad altro: «Assicurare che solo le informazioni positive siano distribuite».