Repubblica 13.4.18
La ricerca della Fondazione Agnelli
Si svuotano le aule “Tra dieci anni un milione di alunni in meno”
Colpa
della denatalità. L’Italia in controtendenza rispetto a Germania e
Regno Unito. L’effetto: un calo di quasi 56mila cattedre e prof più
anziani
di Corrado Zunino
ROMA L’orizzonte
scuola, visibile con un binocolo puntato al 2030, dice che gli istituti
italiani si svuoteranno: perderemo 36.721 classi nei prossimi dieci anni
e — purtroppo per maestri e professori, ma anche per l’innovazione
didattica — 55.600 posti cattedra dalla primaria all’ultimo anno delle
superiori.
Il turn- over dei docenti dovrà rallentare e i ragazzi,
dopo un tentativo di svecchiamento iniziato con la “Buona scuola”,
torneranno a vedere insegnanti anziani.
La Fondazione Agnelli ha
posizionato il suo nuovo lavoro — “ Evoluzione della popolazione
scolastica in Italia” — nel medio periodo e, avvalendosi di studi
statistici raffinati anche se perfettibili, ha mostrato come la crisi di
natalità italiana inciderà profondamente sull’istituzione scolastica. I
governi che verranno potranno usare questa diminuzione di insegnanti
per risparmiare un miliardo e 826 milioni di euro lasciando incancrenire
problemi antichi. Oppure potranno impegnare i soldi facendo tre cose:
allungare l’orario scolastico al pomeriggio offrendo così corsi di
recupero e alternative alla dispersione, ripristinare doppi maestri alle
elementari, come già negli Anni ’90, e ancora spezzare in due le classi
aiutandole a respirare, come già ha fatto la Francia di Macron nelle
zone più spopolate.
Riavvolgendo il nastro, prima delle
conclusioni, l’analisi di “ Evoluzione...” spiega che cosa sia, davvero,
la crisi demografica italiana: un unicum in Europa. Nel quindicennio
2015- 2030 si assisterà una forte contrazione della popolazione
studentesca ( tra i sei e i sedici anni): nel nostro Paese l’aliquota
dei bambini- adolescenti passerà da 100 a 85. Solo da noi. La Spagna
scenderà da 100 a 93, la Francia resterà quasi in pari fermandosi sulla
media dell’Unione europea: 99. Germania e Regno Unito saliranno a 109 e
la Svezia vedrà crescere il proprio comparto ragazzi di un quarto: da
100 a 125. Ora gli studenti italiani — e qui il conteggio si fa tra i
tre e i diciotto anni — sono 9 milioni. Nel 2028 saranno 8 milioni.
Mancano madri italiane ( meno dieci per cento nel periodo 2007-2017) e
si sono ridotti i saldi dei flussi migratori internazionali. La novità
illustrata dal lavoro della Fondazione Agnelli è che la diminuzione, in
tempi più lunghi, riguarderà anche il Nord Italia. E questo introduce
una nuova questione: gradualmente l’esodo di insegnanti meridionali
verso il Settentrione del Paese si fermerà.
Nei prossimi dieci
anni gli iscritti alla scuola primaria diminuiranno consistentemente in
tutte le circoscrizioni. Alle superiori di primo grado (le medie) la
crescita al Centro- Nord continuerà per alcuni anni, ma poi si fermerà e
invertirà la direzione. La popolazione degli istituti superiori
secondari crescerà ancora per un decennio al Centro- Nord. Al Sud,
invece, proseguirà il declino. Alcuni esempi. Dal 2018 al 2028 i bambini
frequentanti la primaria in Valle d’Aosta scenderanno del 19 per cento,
in Friuli e in Emila del 17. In Campania del 20 per cento ( 2.371
classi in meno) e in Sardegna del 24: uno su quattro in meno, una crisi
demografica acuta. Sono in totale 36.721 classi perse e significano,
appunto, 55.600 posti cattedra cancellati nei prossimi dieci anni.
Andrea
Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli, dice: « Possiamo usare
questi dati per restare fermi e risparmiare oppure per organizzare una
scuola migliore».