La Stampa 11.4.18
Madame de Staël, il legno storto della Révolution
Regina dei salotti, ma anche acuta osservatrice degli eventi
Le sue Considerazioni rivelano una apripista della storiografia liberale, che esplora le cause della degenerazione nel Terrore
di Alberto Mingardi
Se
la politica è l’arte del possibile, una faccenda empirica, quando si
ragiona di istituzioni bisognerebbe anzitutto guardarsi attorno.
L’esperienza altrui potrebbe essere maestra. Eppure molto spesso si
preferisce la creatività a tutti i costi anziché adottare un modello
sviluppato altrove: nel nostro Paese, è il caso dei frequenti cambi di
legge elettorale.
In Francia, nel 1789, l’assemblea
costituente sceglie di non seguire l’esempio della costituzione inglese,
che pure aveva «conciliato le istituzioni di una repubblica con
l’esistenza di una democrazia» e che dai tempi di Montesquieu era un
punto di riferimento per i liberali francesi. «Una mania di vanità quasi
letteraria ispirava ai francesi il bisogno di innovare in questo senso.
Temevano, quasi come fa uno scrittore, di assumere i caratteri e le
situazioni di un’opera già esistente. Ora nel campo dell’immaginazione
si ha ragione di cercare l’originalità, ma nel campo delle istituzioni
reali è una vera fortuna che l’esperienza le abbia garantite».
Bisogna
esser grati ad Aragno per aver ripubblicato le Considerazioni sui
principali avvenimenti della Rivoluzione francese di Madame de Staël
(1766-1817), nella traduzione di Eva Omodeo e con densa prefazione di
Francesco Perfetti (pp. XXXVI-606, € 35). «Ci sono tre grandi potenze in
Europa», come osservò Madame de Chastenay: «l’Inghilterra, la Russia e
Madame de Staël»: la biografia della figlia di Jacques Necker è un
turbine di avventure, complotti, amori. Per i (molti) nemici, confondeva
la libertà col suo diritto ad abitare in rue de Bac. Regina di uno dei
più importanti salotti, frequentò i grandi dell’epoca e tenne vivo lo
spirito dei Lumi. Seppe realizzare un capolavoro politico convincendo
Bernadotte a aderire alla sesta alleanza contro Napoleone. L’imperatore,
al quale pure aveva inizialmente guardato con speranza, la osteggiava e
la voleva il più lontano possibile, e non soltanto perché la Madame de
Staël cercava di farsi restituire l’enorme prestito accordato dal padre
al Tesoro francese.
Una vita da romanzo. Proprio per questo,
succede che la donna metta in ombra il pensatore. Al punto che la
raccolta di Opere pubblicata quest’anno dalla Pléiade non comprende gli
scritti politici.
Chiunque legga le Considerazioni si accorgerà
subito che si tratta di un’ingiustizia. De Staël, moglie
dell’ambasciatore svedese a Parigi, poteva assistere ai dibattiti
dell’assemblea. Le Considerazioni non sono però soltanto una cronaca, e
neppure una difesa appassionata dell’operato di Jacques Necker (tema che
pure è centrale nelle preoccupazioni dell’autrice). Sono soprattutto
un’acuta ricerca di «quel che è andato storto». Come ricorda Perfetti,
il libro è un apripista di quella storiografia liberale che aveva il
problema di «dissociare 1789 e 1793»: di scindere una rivoluzione
«buona» dall’esito del Terrore.
Le cause della rivoluzione sono
esplorate con rigore dall’autrice, che mette egual passione
nell’identificare le contingenze e i fattori di lungo periodo. Terribili
furono le conseguenze dell’egemonia di Parigi sul resto della Francia,
dell’accentramento della Corte, della «creazione» di nobili da parte del
sovrano. «Nessuna potenza umana può fare un vero nobile, sarebbe come
disporre del passato (…) ma in Francia nulla era così facile come
divenire un privilegiato». Ciò significava «entrare in una casta a parte
e acquistare, per dir così, il diritto di nuocere al resto della
nazione, aumentando il numero di quelli che non sopportavano i pesi
dello Stato e che si attribuivano diritti particolari in proprio
favore». Quando l’opinione pubblica, morsa dalla fame e allertata dai
Lumi, decreta intollerabili i vecchi privilegi, l’edificio inizia a
crepare. Ma come si passa dalla denuncia del privilegio alla
ghigliottina?
Le Considerazioni descrivono come tutta una serie di
avvenimenti, nessuno dei quali «inevitabile», finiscano col mettere in
moto quel meccanismo. La fazione «costituzionale» è debole, la figura
che avrebbe potuto assumerne la leadership, Mirabeau, è molto
chiacchierata e lascia presto questa terra, nel 1791, i giacobini si
rafforzano a ogni passo, un po’ per incapacità altrui e un po’ perché
«un popolo in insurrezione di solito è inaccessibile ai ragionamenti, e
non è possibile agire su di esso se non per sensazioni rapide come
scariche elettriche».
Gli scontri politici sono sovrastati da una
fondamentale questione istituzionale: cioè, come ha spiegato Biancamaria
Fontana nel suo Germaine de Staël: A Political Portrait (2016),
l’incapacità di fare i conti con il potere esecutivo. Nella convinzione
che l’esecutivo fosse necessariamente «un nemico della libertà», e
pensando fosse impossibile «farne una delle sue salvaguardie»,
l’assemblea ha «combinato una costituzione come avrebbe combinato un
piano di attacco». Le Considerazioni sono un grande libro della storia
del pensiero politico. Anche chi per la storia ha poco interesse può
trovarci intuizioni profonde, che hanno qualcosa da dire sulla natura
della democrazia, pure nell’Italia del 2018.