internazionale 15.4.18
La settimana
Giovanni De Mauro
Ferrovieri
In
Francia c’è uno sciopero. Anzi, trentotto. Per protestare contro la
riforma delle ferrovie voluta da Emmanuel Macron, i sindacati hanno
deciso di sperimentare un metodo di lotta nuovo con un calendario che
prevede trentotto giorni di sciopero in tre mesi. Il governo vuole
modificare lo statuto dei ferrovieri, aprire alla concorrenza,
sopprimere di fatto novemila chilometri di linee secondarie, ma non
propone nessuna soluzione per ridurre il debito accumulato in questi
anni (54 miliardi di euro) né progetti per lo sviluppo del sistema
ferroviario. Macron si preparava a un braccio di ferro solo con la Cgt,
il sindacato più forte tra i ferrovieri, lo stesso che nell’autunno del
1995 era riuscito a far arretrare – sempre sulla riforma delle ferrovie –
il governo di destra di Alain Juppé. Si ritrova invece ad affrontare un
fronte sindacale più ampio, i primi segnali di un allargamento delle
proteste ad altri settori e un’opinione pubblica che appoggia sempre di
più la mobilitazione: due settimane fa i francesi che approvavano gli
scioperi erano il 42 per cento, oggi sono il 46 per cento. Lo scontro è
tra due modelli, servizio pubblico da un lato e deregolamentazione
dall’altro, ma anche tra diverse visioni dell’Europa. Per questo i
ferrovieri ripetono che la loro battaglia riguarda tutti: se Macron
riuscisse a sconfiggerli poi potrebbe far passare più facilmente le
altre riforme annunciate, a partire da quella delle pensioni. “Il
governo pensava di avere un vantaggio ideologico, ma oggi è sulla
difensiva, incapace di spiegare in che modo l’apertura alla concorrenza
migliorerà il servizio pubblico o perché un diverso statuto dei
ferrovieri ridurrà il debito”, ha osservato Françoise Fressoz su Le
Monde. Intanto su un muro dell’università di Tolosa-Le Mirail, occupata
da settimane, qualcuno ha scritto: “Maggio ’68. Loro commemorano. Noi
ricominciamo”.