il manifesto 8.4.18
Genova 2001, una storia da raccontare per intero
La lettera. In risposta all'articolo «La credibilità della polizia è da ricostruire» di Lorenzo Guadagnucci
di Franco Gabrielli
Capo della Polizia – Direttore Generale della Pubblica Sicurezza
Gentile Direttore,
ho
letto con attenzione l’articolo «La credibilità della polizia è da
ricostruire» perché tocca uno degli aspetti che ritengo fondamentali nel
rapporto tra Stato e cittadino. Quello della credibilità delle
Istituzioni.
La mia storia personale, ancor più professionale,
ruota tutta intorno a questo principio. Se le Istituzioni non sono
credibili, se i cittadini non si riconoscono nelle Strutture che li
governano, non vi può essere alcun virtuoso rapporto tra essi.
Ne
ho fatto una sorta di mantra in tutte le mie esperienze professionali
che hanno toccato gli aspetti della Sicurezza nelle sue molteplici
accezioni. Da direttore dell’Agenzia di intelligence interna, a Capo del
Dipartimento della protezione civile e, da ultimo, ora quale Capo della
Polizia-Direttore Generale della Pubblica Sicurezza.
Ho espresso
parole chiare e nette sulle responsabilità di quanto accadde nel corso
del G8 di Genova. L’ho fatto in modo convinto, perché ho sempre
ritenuto, per dirla con una iperbole, che non vada condannato chi dà la
manganellata (o perlomeno non solo, se vi sono abusi), bensì chi ordina
la carica. E queste parole le ho pronunciate, non come spesso accade
nell’ambito ristretto di Uffici del Palazzo, per usare le parole del
giornalista, bensì in pubblico e le ho anche consegnate alla carta
stampata.
Parole che avrei potuto evitare (da noi si dice che non è
importante farsi amici, quanto evitare di farsi nemici) perché io a
Genova non c’ero e non c’era nessuno dell’attuale vertice della Polizia
di Stato. Ma poiché chi è a Capo di una struttura deve farsi carico
anche del passato di essa, ho ritenuto necessario prendere le distanze
una volta e per tutte da quella vicenda.
E quelle parole non sono
rimaste petizioni di principio. Molte delle persone condannate per
quell’avvenimento sono ormai andate in pensione. Altre hanno abbandonato
l’Amministrazione.
Le restanti sono state reintegrate, così come
prevede la legge, con mansioni proporzionate alle qualifiche ricoperte.
Nessuna promozione è stata conferita. Nessun avanzamento in carriera.
Nessun posto di prestigio o di responsabilità, anticamera per future
progressioni. Nel frattempo, abbiamo percorso chilometri di strada.
Abbiamo modificato i criteri di assunzione, formazione, aggiornamento,
progressione in carriera. Tra le file dei nostri poliziotti, anche nelle
qualifiche di base, ci sono percentuali di laureati in passato
inimmaginabili. Abbiamo costituito anche un Ufficio Affari Interni, per
il controllo del nostro personale. Insomma posso affermare, senza tema
di essere smentito, che siamo migliori di quanto eravamo. Ed è per
questo che tra le Istituzioni pubbliche, le forze di Polizia sono ai
primi posti per indice di fiducia dei cittadini.
Però la
credibilità delle Istituzioni passa anche attraverso una
rappresentazione veritiera del suo agire. Il continuare a rappresentare
il G8 di Genova come una vicenda esclusivamente limitata alla Polizia mi
pare profondamente ingiusto e riduttivo. A Genova non c’erano solo
poliziotti. C’era tutto lo Stato, nelle sue molteplici articolazioni.
Del resto la magistratura contabile ha condannato 28 persone, tra cui
magistrati, medici e componenti di altre amministrazioni. Di essi solo 9
erano poliziotti (nessuno dei quali, tra l’altro, con compiti di
responsabilità) e Bolzaneto, citato nell’articolo, lo ricordo a me
stesso, non era una struttura sotto la direzione della Polizia di Stato.
Noi, grazie anche ai mass media, il nostro processo per il superamento
di quella vicenda lo abbiamo affrontato. I nostri poliziotti sono stati
condannati ed hanno scontato interamente le pene irrogate. Forse è
giunto il tempo per una stampa, attenta e consapevole, quale si è
dimostrata nei nostri confronti, di affrontare quella pagina della
nostra storia in tutta la sua complessità. Perché altrimenti sorge il
sospetto che quella che vada ricostruita non è solo la credibilità della
Polizia.