martedì 3 aprile 2018

Il Fatto 3.4.18
Italia e Germania, stop al blitz di Netanyahu
Il premier israeliano costretto alla retromarcia dopo aver annunciato l’intesa per il trasferimento di 16000 africani
di Roberta Zunini

Benjamin Netanyahu annuncia l’accordo con l’Onu per ricollocare 16.250 migranti africani in Italia, Germania e Canada. E invece no. L’accordo non c’è e la diplomazia israeliana si deve arrabattare a spiegare che le parole del premier erano solo “a esempio”. “Non c’è alcun accordo con l’Italia nell’ambito del patto bilaterale tra Israele e l’Unhcr per la ricollocazione, in 5 anni, dei migranti che vanno in Israele dall’Africa e che Israele si è impegnata a non respingere”. Anche l’ambasciata israeliana a Roma ha fornito al Fatto la stessa versione aggiungendo che “Il primo ministro ha sì menzionato l’Italia, ma solo come esempio”. Esempio non campato in aria tuttavia, perché basato sulla consapevolezza che numerosi rifugiati eritrei e sudanesi finora minacciati di espulsione da Israele hanno parenti in Italia. “Siccome le autorità israeliane conoscono tutto dei richiedenti asilo, sanno che alcuni di loro hanno congiunti in Italia e che, pertanto, potrebbero in futuro chiedere l’applicazione della procedura di ricongiungimento o essere inseriti nei ‘corridoi umanitari’ che si potrebbero aprire tra Israele e il nostro paese. Ma per ora non vi è alcun accordo ufficiale in questo senso. Solamente previo accordo con il governo italiano potrebbero arrivare in Italia alcuni rifugiati provenienti da Israele. Si tratta in sostanza di pochissimi e specifici casi”, ha chiarito Carlotta Sami, portavoce per il Sud Europa dell’Unhcr. Anche il ministero dell’Interno tedesco ha assicurato di “non essere a conoscenza di una richiesta concreta relativa a una presa in carico di rifugiati che vivono in Israele, in particolare originari di Paesi africani”.
Subito dopo la Pasqua ebraica, che quest’anno è coincisa con quella cristiana, sarebbero dovute scattare le prime espulsioni di “infiltrati” (termine ufficiale con cui vengono bollati dal governo di Israele i richiedenti asilo, anche quelli come gli eritrei e i sudanesi che fuggono da una brutale dittatura e dalla guerra civile) verso paesi terzi “sicuri”. Fino a questo accordo con l’Unhcr, per il governo Netanyahu erano paesi terzi sicuri il Rwanda e l’Eritrea con cui era stato stretto un patto della serie “rifugiati in cambio di soldi”. Peccato che molti intellettuali e numerosi sopravvissuti alla Shoah, così come molte organizzazioni non governative ebraiche hanno mostrato nei mesi scorsi la totale inadempienza di questo patto – sempre negato dai contraenti – da parte dei paesi africani in questione.
La dichiarazione di Netanyahu che ha fatto infuriare Lega e Forza Italia, annunciava il raggiungimento di un’intesa con l’Onu in base alla quale Israele cancella il controverso piano per l’espulsione di migranti africani e ne invierà oltre 16mila in Paesi occidentali. Netanyahu aveva aggiunto: “Questo accordo permetterà di trasferire da Israele 16.250 migranti verso Paesi sviluppati come Canada, Germania e Italia”.
Per ora la questione è solo rimandata. Se c’è una certezza in questo mistero pasquale è che Netanyahu troverà comunque il modo di espellere i profughi maschi e single, ovvero la maggioranza, per rimanere in alto nei sondaggi sulle intenzioni di voto in vista degli sviluppi dei suoi guai giudiziari e per, possibilmente, ripresentarsi alle elezioni l’anno prossimo. La società civile israeliana è coesa con il primo ministro sulla volontà di sbarazzarsi dei giovani immigrati che vivono accampati soprattutto attorno alla stazione degli autobus e nella zona sud di Tel Aviv.