sabato 7 aprile 2018

Corriere 7.4.18
Secondo venerdì di sangue
Battaglia infinita a Gaza: 9 morti
di Lorenzo Cremonesi


Ancora un venerdì di sangue nella Striscia di Gaza. Nove palestinesi morti negli scontri con l’esercito israeliano e migliaia i feriti. Le proteste erano iniziate una settimana fa con la Marcia del ritorno. Onu e Ue: uso improprio di armi. Le proteste continueranno fino al 15 maggio.

TEL AVIV Per il secondo venerdì consecutivo i confini della Striscia di Gaza sono tornati a vivere ore di scontri violenti tra i manifestanti palestinesi e l’esercito israeliano. Oltre 20.000 giovani si sono mobilitati nelle cosiddette «marce del ritorno» in cinque località sparse da nord a sud lungo i 64 chilometri di frontiera con il territorio israeliano. Sono zone di campi aperti, dove i cecchini israeliani, coadiuvati da sofisticati sensori elettronici e droni di ultima generazione, hanno gioco facile nel controllare i movimenti al di là della rete metallica e il filo spinato. Proprio per diminuire il rischio di essere colpiti, i manifestanti ora danno fuoco ai copertoni nella speranza che il fumo li nasconda almeno un poco. Ma con scarsi risultati. Ieri sera i palestinesi segnalavano almeno 9 morti.
Settimana scorsa tra i 15 e 20 palestinesi avevano perso la vita oltre a centinaia di feriti (sino a 750 secondo le fonti locali). I numeri però in questi casi vanno presi con le dovute precauzioni, anche se vengono da fonti mediche a Gaza e talvolta sono confermati dagli osservatori locali dell’Onu: fanno parte di una guerra antica, che gioca anche a gonfiare o diminuire i bilanci delle vittime a seconda delle circostanze. Ieri sera l’ambasciatore palestinese all’Onu, Ryad Mansour, segnalava almeno nove nuovi morti (incluso un bambino) e più di mille feriti. Sempre secondo la stessa fonte, i morti palestinesi nell’ultima settimana sarebbero una trentina.
Per il momento la popolazione israeliana appare comunque distratta, come se le nuove violenze fossero un fatto lontano, episodico, circoscritto. Il Paese è piuttosto assorbito dalle vacanze pasquali, con i religiosi che celebrano le feste in famiglia e il pubblico laico preso dalle passeggiate in Galilea e dai primi bagni sulle spiagge già affollate. Per i dirigenti del gruppo islamico Hamas, che dal 2007 governa su due milioni di palestinesi intrappolati nella «striscia della disperazione», le manifestazioni sono per contro un tentativo fondamentale per rilanciarsi ad ogni prezzo sia tra il loro pubblico che sullo scenario internazionale. Il momento è propizio. Le crisi in Siria e Iraq paiono sopirsi, Isis per ora appare battuto. Così la questione palestinese può tornare a dominare sulle notizie dal Medio Oriente. E a Gaza la situazione per la popolazione non fa che deteriorare. Il blocco israeliano, assieme a quello imposto col pugno di ferro dall’Egitto contro Hamas alleata dei Fratelli Musulmani, rende l’esistenza dei civili sempre più difficile. I tagli all’elettricità sono endemici, manca acqua potabile, gli ospedali denunciano la mancanza di farmaci fondamentali, la disoccupazione e l’impossibilità di movimento aggravano la frustrazione.
I risultati per Hamas del resto non mancano. Già sia l’Unione Europea che le Nazioni Unite chiedono un’inchiesta sull’eventuale «uso improprio» delle armi da fuoco da parte dell’esercito israeliano. L’inviato americano, Jason Greenblatt, invece chiede ai palestinesi di marciare «in modo pacifico» e soprattutto restare lontani dalle reti di confine. I palestinesi danno fuoco ai copertoni, lanciano bottiglie molotov e per lo più tirano sassi con le fionde. Il presidente Abu Mazen condanna le uccisioni mentre gli israeliani rispondono duri. «Hamas vuole approfittare delle marce per inviare terroristi nel nostro territorio. Non lo permetteremo. I nostri soldati mantengono le stesse regole d’ingaggio, sparano contro chi cerca di passare. Ma prima di tutto i soldati utilizzano lacrimogeni e proiettili di gomma», dichiarano i portavoce dell’esercito.