Corriere 11.4.18
Parigi A trent’anni dalla grande mostra del Musée de Ville, una nuova retrospettiva dedicata all’artista ceco
Kupka pioniere dell’astrattismo «Non dipingo alberi ma concetti»
di Sebastiano Grasso
Trent’anni
dopo la grande mostra al Musée de la Ville, Parigi ripropone una
retrospettiva di František Kupka (1873-1957), pioniere dell’astrazione ,
a cura di Brigitte Leal, Markéta Theinhardt e Pierre Brullé. Circa 300
lavori (dipinti, disegni, incisioni) per una lettura cronologica e
tematica (Grand Palais, sino al 30 luglio) dell’artista ceco, vissuto
per lo più a Parigi e considerato uno dei padri dell’arte astratta:
questione tuttora dibattuta (è venuto prima o dopo Kandinsky?).
Già
a 17 anni Kupka dimostra doti eccezionali come disegnatore. Tant’è che,
dalla Scuola reale e imperiale di Arti e mestieri, nel 1889 passa a
quella di Belle arti di Praga, dove si diplomerà nel 1891. Di famiglia
povera, l’artista per mantenersi fa anche il medium. Dopo un soggiorno a
Vienna di circa tre anni, durante i quali affina la sua cultura —
filosofia greca (Platone) e tedesca (Schopenhauer e Nietzsche),
letteratura classica (Dante, Milton, Heine, Tolstoj), studi scientifici
(anatomia, astronomia, chimica, storia naturale) e di teosofia —, nel
1895 si stabilisce a Parigi. Qui — l’antichità e le scienze continuano
ad affascinarlo — frequenta i musei (reperti caldei e fenici) e la
Sorbona (lezioni di fisica, biologia e fisiologia). Inizia lo scandaglio
dei colori: rompe gli schemi d’una figurazione naturalistica e approda a
una pittura composita, dove la spiritualità si amalgama con la musica e
un certo romanticismo di fondo col Simbolismo orfico, sino ad arrivare
all’Astrattismo. «Sembra non essere necessario rappresentare alberi
quando la gente può vederne di più belli lungo le vie. Io dipingo solo
concetti, sintesi, accordi», scrive, nel 1905, all’amico Josef Machar.
I
lavori parigini di questo periodo risentono del clima internazionale
vissuto a Vienna e, al tempo stesso, sembrano guardare alla pittura di
Odilon Redon e di Ensor, al gusto decorativo di Kolo Moser (tra i
fondatori della Secessione). Per vivere, l’artista boemo illustra anche
libri di Baudelaire (che ritrae), Villiers de L’Isle-Adam, Leconte de
Lisle e fa caricature per «L’assiette au beurre» e altri periodici.
La
prima decade del Novecento è fondamentale per la trasformazione della
sua poetica. Partendo da una pittura apparentemente tradizionale, in cui
è evidente l’ammirazione per i fauves , per certe soluzioni matissiane e
per gli espressionisti della Brücke, Kupka verifica il linguaggio sino
ad allora rapportato esclusivamente al visibile. Accanto alla realtà di
tutti i giorni ne esiste un’altra: quella dell’intuizione: il medium
ch’è in lui gioca la sua partita. Dalle esperienze visionarie alle
visioni astratte. Una buona mano gliela danno alcune conquiste
scientifiche: la diffusione della luce elettrica, per esempio. Cui si
aggiunge l’interesse per l’assorbimento e la rifrazione dei fenomeni
luminosi, la scomposizione per fasce dei colori e il loro accostamento a
forme geometriche (il rosso, rotondo; l’arancione, ovale; il verde,
ondulato; il blu, verticale), l’esperienza del linguaggio musicale (un
capolavoro? I tasti del piano. Il lago , del 1909). Scomposte le forme,
Kupka studia il movimento e lo razionalizza. Tuttavia, essendo la sua
base profondamente romantica, solo verso gli anni Trenta arriverà
all’astrazione totale. Prima, infatti, si confronta anche con teatro e
musica.
Sconcertato e affascinato dal primo manifesto futurista
(1909), Kupka arricchisce le proprie esperienze. Comincia a elaborare le
proprie tesi sull’arte astratta (1910) e al Salon des Indépendants
espone tre Plan par couleurs nella sala dei cubisti, pur rifiutando un
paragone con essi (1912). L’anno dopo, confesserà al «New York Times»:
«Vado avanti a tentoni, ma credo di poter trovare qualcosa fra la vista e
l’udito e posso produrre una fuga a colori come Bach ha fatto per la
musica». Su questo binario si muoverà la sua ricerca futura. La purezza
del colore deve equivalere a quella della musica. Da qui la
scomposizione dei piani che lo porta alla verticalità statica. Poi, tra
figurazione e astrazione, studia i movimenti del corpo umano e delle
forme vegetali e biologiche, per giungere al «macchinismo» del 1925-‘35,
con le composizioni ispirate dalle macchine e dal jazz. Biciclette,
automobili (già usate dai futuristi e dai costruttivisti russi) hanno la
stessa struttura delle nature morte e sono viste in funzione del cinema
e della cosmogonia. Nel ‘31 Kupka è tra i fondatori di
Abstraction-Création (con van Doesburg, Arp, Vantongerloo, Mondrian). È
la prima volta che il pittore aderisce a un gruppo o ne fa parte.
Probabilmente grazie all’amicizia con van Doesburg; ma anche perché vede
codificate le sue idee sull’astrattismo. Che lo spingeranno nei vortici
della geometria.