Corriere 1.4.18
Albanese, Marescotti e gli altri che confessano: questa sinistra non parla più alla gente
Gli attori «d’area»: la Lega nei territori c’è
di Tommaso Labate
ROMA
« Diciamoci la verità. Negli ultimi trent’anni, un certo tipo di
politica si è limitato alle teorie e non ha frequentato i territori. La
Lega, invece, ha vinto perché in quei territori c’era. E ha saputo
quindi intercettare tutto. Malumori, gioie, dolori», dice Antonio
Albanese nel corso della sua partecipazione a #Corrierelive , l’altro
ieri. Claudio Amendola, qualche giorno prima, intervenendo all’ Aria che
tira su La7 aveva praticamente sostenuto la stessa tesi. Tra quelli che
un tempo venivano definiti «classe operaia», ha scandito l’attore e
regista romano, «i Cinque Stelle e soprattutto la Lega ci sono andati.
Sono stati tra loro, si sono fatti vedere, hanno provato a rappresentare
le loro richieste, sono stati presenti».
Amendola e Albanese
hanno identikit diversi. Romano il primo, mezzo lecchese mezzo siciliano
il secondo; impegnato da sempre il primo, «parlo poco di politica» il
secondo; il primo sostiene che «Salvini si è rivelato più capace dei
politici degli ultimi vent’anni», il secondo dice che «su questo non
sono d’accordo con Claudio perché comunque, negli ultimi vent’anni,
Salvini al governo fondamentalmente c’è stato». Ma sono entrambi molto
apprezzati dal pubblico. Ed entrambi facevano parte di
quell’intellighenzia del cinema che da oltre mezzo secolo sosteneva il
centrosinistra. E che, adesso, si sentono distanti.
E così,
all’indomani delle elezioni del 4 marzo, il Pd si trova alle prese con
l’ennesimo effetto collaterale della sconfitta. Il divorzio dalle donne e
dagli uomini di spettacolo. L’impatto, a vista d’occhio, è persino più
devastante dell’urlo di Nanni Moretti del 2002 a Piazza Navona in faccia
a Piero Fassino e Francesco Rutelli — «Con questi dirigenti non
vinceremo mai» — che diede il via alla stagione dei girotondi.
All’epoca, almeno, nel mirino c’erano i leader e l’eterno sospetto di
accondiscendenza verso il berlusconismo. Oggi, invece, il Pd viene
espulso persino dal banco degli imputati.
L’attore Ivano
Marescotti, una vita a sinistra ma ora ha votato per i grillini, si
sgola in giro per le tv avvertendo che «se fanno un governo Cinque
Stelle-Lega vado in piazza con i forconi». Della serie, «ho sostenuto Di
Maio, mi è piaciuto il discorso di Fico dopo l’elezione a presidente
della Camera ma se fanno un esecutivo con Salvini i loro elettori di
sinistra li inseguirebbero per strada». Una tesi opposta a quella di
Amendola, che a dispetto delle ricostruzioni di questi giorni aveva già
chiarito di rimanere, sempre e comunque, di sinistra («No, non ho
cambiato idea»): «Non siamo la Spagna né possiamo permetterci un governo
tecnico. Abbiamo bisogno di un governo, qualunque esso sia. E le uniche
due forze che possono trovare la quadra sono Lega e 5 Stelle. Perché
hanno vinto, perché sono fuori dai soliti giochi, perché non hanno nulla
da perdere».
Margherita Buy, un’altra delle icone storicamente
ascritte al firmamento cinematografico del centrosinistra, che due anni
fa fece in prima persona la battaglia per le unioni civili, l’altro
giorno ha detto: «Salvini è arrivato dove voleva. È riuscito a tirarsi
dietro un sacco di gente e questa è stata una capacità innegabile. La
sua fortuna è stata il momento che stiamo vivendo e l’Italia che ha
trovato davanti a sé. Io, però, ho molta paura. La politica della paura a
me non piace».
Salvini sì, Salvini no. Governo 5 Stelle-Lega sì,
no, forse. Del centrosinistra, o di quello che ne rimane, in questo
dibattito, nessuna traccia. Per ora .