lunedì 16 aprile 2018

internazionale 15.4.18
Il valore politico della soia
In Cina le importazioni di soia statunitense sono aumentate a dismisura negli ultimi vent’anni. Per questo l’aumento dei dazi da parte di Pechino potrebbe avere gravi conseguenze
Di P. Waldmeir e T. Hancock, Financial Times, Regno Unito


“Un filare su tre va in Cina”, dice davanti al suo campo di soia Bill Wykes, un contadino dell’Illinois. Nell’ultimo decennio Wykes e molte delle aziende agricole statunitensi a conduzione familiare nella contea di Kendall, nella “cintura della soia”, hanno puntato molto sulla Cina e sul suo crescente consumo di carne, che ha fatto aumentare anche le vendite di mangimi animali a base di soia. Oggi questi campi sono al centro di un’incombente guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, che hanno minacciato d’imporre dazi commerciali per miliardi di dollari. La Cina cerca d’insinuarsi tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e gli elettori delle aree rurali di cui lui avrà bisogno al voto di metà mandato in autunno. Il 3 aprile Washington ha annunciato dazi su 1.300 prodotti cinesi, e Pechino ha risposto con dazi del 25 per cento su vari prodotti statunitensi, tra cui la soia. Le due potenze stanno ancora tastando il terreno. In una guerra commerciale in teoria la Cina sarebbe la più svantaggiata perché esporta negli Stati Uniti più di quanto importi. Trump potrebbe inoltre sperare di ottenere dei vantaggi politici dal suo atteggiamento intransigente con i cinesi. Ma Pechino è convinta che gli agricoltori faranno pressioni su Trump perché scongiuri la guerra dei dazi. La Cina è il principale mercato estero per la soia statunitense: nel 2017 il paese asiatico ha assorbito il 56 per cento delle esportazioni americane. La cintura della soia statunitense si estende per tutto il midwest e comprende aree che nel 2016 hanno votato per Trump, oltre a importanti stati in bilico come l’Iowa. Se ci sarà una guerra commerciale, anche il governo cinese potrebbe subire pressioni politiche, tenuto conto del ruolo cruciale della soia nella sua economia. L’esplosione del commercio di questo legume negli ultimi vent’anni coincide con la storia dell’espansione della classe media cinese. Trent’anni di salari in aumento hanno fatto più che raddoppiare il consumo pro capite di carne in Cina, passato dai 20 chili all’anno della fine degli anni ottanta agli attuali 50 chili. La carne di maiale è la più consumata in Cina e nello stesso arco di tempo il numero di maiali macellati nel paese è passato da meno di 400 milioni a 700 milioni. Per soddisfare una domanda simile, la Cina ha favorito la nascita di grandi allevamenti riforniti da gruppi agroindustriali che producono mangimi a base di soia, ricchi di proteine, adatti a far ingrassare i suini. La produzione di soia cinese soddisfa il consumo di appena sei settimane. Quindi le importazioni sono passate in vent’anni da mezzo milione a novanta milioni di tonnellate, un terzo del consumo mondiale. Pechino, inoltre, non ha molta scelta tra i paesi da cui importare: Stati Uniti, Brasile e Argentina producono il 90 per cento della soia mondiale, e l’Argentina esporta soprattutto soia macinata, che i cinesi non usano.
Nuovi orizzonti
Pechino ha il calendario dalla sua. L’autunno e l’inizio dell’inverno nell’emisfero meridionale sono le stagioni in cui importa dal Brasile: ha sei mesi prima di dover ricorrere alle spedizioni dagli Stati Uniti. Il grande rischio per Pechino è che una guerra commerciale faccia salire l’inflazione, temuta per i disordini sociali che potrebbe causare. La Cina inoltre subirà le pressioni di centinaia di importatori, delle imprese che macinano la soia o che producono mangimi, e di allevatori che impiegano centinaia di migliaia di persone. Il settore è minacciato dalle eccedenze, quindi le aziende coinvolte dovranno affrontare un aumento dei costi. L’unico modo che la Cina ha di affrancarsi dalla soia statunitense è inondare di denaro nuove regioni per stimolare la produzione di soia. Qualcuno ha accennato a paesi come l’Ucraina. Ma questo non aiuterà Pechino nel confronto con Trump.
Da sapere
Un obiettivo comune
Al discorso di apertura del Baoao Forum for Asia il 10 aprile, una sorta di vertice di Davos asiatico, il presidente cinese Xi Jinping ha lanciato un monito contro la “mentalità da guerra fredda”, promettendo di aprire di più la Cina agli investimenti stranieri. Senza fare riferimento allo scontro sui dazi in corso con gli Stati Uniti, Xi ha detto che Pechino non punta a registrare un surplus commerciale e che è pronta ad aumentare le importazioni. Bbc