Repubblica 6.3.18
Una crisi storica
Io e le anime rimaste senza corpo ecco l’anno zero della Sinistra
Anime senza un corpo. Così si sono svegliati, la mattina del 5 di marzo, milioni di italiani di sinistra.
di Michele Serra
Con
qualche significativa variazione di umore, forse meno smarriti i pochi
rassegnati a essere in pochi (o contenti di esserlo), più dolenti e
sbalorditi i tanti che avrebbero preferito essere in tanti. Ma tutti,
dal moderato al radicale, accomunati da una sensazione di vuoto che il
peso altrui, enormemente accresciuto, rende ancora più evidente.
I
leader vanno in televisione, gli opinion maker spiegano e discettano,
il cosiddetto establishment ha le antenne lunghe e sa come riciclarsi:
ma gli elettori, i cittadini, l’immensa fanteria della politica,
affrontano in solitudine le stesse sconfitte dei loro generali senza
nemmeno il conforto di sentirsene protagonisti.
Dirà il futuro, e
lo dirà in fretta, se questa comune condizione di inconsistenza, di
sbaragliamento, servirà almeno a lenire l’odio reciproco dei capi,
l’eterno rinfacciarsi colpe sorvolando sulle proprie. Ma è un problema
soprattutto degli stati maggiori, seduti sulle macerie. Le anime sciolte
della sinistra, nel frattempo, vanno al lavoro, salgono in macchina,
accendono il computer, leggono il giornale, guardano le strade, le case,
le facce degli altri per verificare come e quanto sia mutato il loro
paese.
Lo guardano con il timore di non riconoscerlo più e di non esserne più riconosciuti.
Questa sensazione di estraneità passerà presto.
Molto presto.
È
un’angoscia violenta ma superficiale, passa come passano gli sfottò
degli avversari, cose da dopo-partita, contraccolpi del tifo. Così come
il fiorire (autosatira amara) di “fughe all’estero” che in queste ore
prosperano sui social, come quando Cuore, secoli fa, dopo la prima
storica vittoria di Berlusconi — che quanto a trauma certo non fu meno
grave — titolò “Saluti da Parigi”, con un fotomontaggio (non ancora
photoshop) della redazione sotto la Tour Eiffel.
Agli italiani di
sinistra basterà poco per sentire di nuovo il terreno sotto i piedi,
sciogliere il crampo allo stomaco, riconoscere il paesaggio (no, non c’è
la Tour Eiffel). E dirsi: ne abbiamo vissute tante, vivremo anche
questa. Siamo a casa nostra.
Quella che rimarrà, molto più
profonda perché meno emotiva, più strutturale, è invece la coscienza,
questa sì epocale, della fine di un corpo politico che ha camminato
insieme a loro per le strade per molti decenni e almeno un paio di
generazioni, anzi almeno tre, dalla nascita della Repubblica a oggi. È
al riparo di quel grande corpo che si camminava, insieme ombra dei Padri
e voce dei figli, memoria e speranza, corteo popolare e classe
dirigente, intellettuali e gente semplice.
La Sinistra, comunque
si sia chiamata, comunque abbia ridipinto le proprie insegne, come
partito di massa, presenza comunque imponente, e potente, nelle sue
varie mutazioni. Quel partito non esiste più.
Dirlo può
significare, per chi fa politica di mestiere, oppure la commenta,
riaprire l’interminabile capitolo delle scissioni, dei tradimenti, delle
prepotenze, delle cecità. Ma poco importa, questo, alle anime senza
corpo che sanno definitivamente, da ieri — e non è detto che sia un male
— che quel partito è veramente morto, né il fatto che il Pd sia pure
sempre il secondo partito italiano può rimediare in qualche maniera al
grande “rompete le righe” che incombe.
Per alcuni degli orfani di
quella famiglia — la Sinistra che protegge e consiglia, dirige e
accoglie — il lutto era già elaborato: sono i milioni di elettori ex di
sinistra che hanno spostato, e non da ieri, il loro voto sui 5 stelle,
la grande misteriosa nave che tutti imbarca senza chiedere da dove
vengono e senza dire dove è diretta (probabilmente perché non ne ha
idea). Per loro la Sinistra era già un corpo svuotato, un grosso
fantoccio disarticolato. Un involucro insignificante. Una casa da
abbandonare.
L’hanno lasciata senza rimpianti, e anzi con il sollievo, legittimo, di mettersi in salvo in una nuova comunità politica.
Ma
per gli altri (e sono molti milioni di italiani, più di quelli che
hanno abbandonato il campo) che nella Sinistra ancora volevano e
vorrebbero abitare, e non si accontentano di essere avanguardia saccente
o manipolo marginale, il momento è tremendo. L’unica certezza è che
dovranno ripartire da zero: come si deve fare in ogni anno zero.