giovedì 1 marzo 2018

Repubblica 1.3.18
La tragedia di Latina
I post su Facebook
Parla con il killer l’ansia e l’orrore in diretta social
di Cristina Nadotti


Come nella tragedia greca il coro di Facebook partecipa alla vicenda, interviene direttamente nell’azione, dialoga con i protagonisti.
Mentre Luigi Capasso è barricato in casa, il suo profilo social è inondato di messaggi.
Ci sono gli insulti, quelli sono ormai quasi scontati, ma ci sono soprattutto gli appelli, i consigli, le suppliche perché lasci andare le bambine. Il coro di Facebook non sa che sono già morte e lo implora: «Non dare importanza a ciò che ti viene scritto di insulti...
ascoltami non fare nulla che ti possa servire a rovinare il vostro amore... lasciale libere tutto si risolverà... questo momento passerà».
Massimiliano aggiunge: «Caro mio capisco il periodo che state vivendo e Dio potesse fulminarmi se mi azzardassi a giudicare. Hai tutta la mia comprensione per il periodo duro che stai passando a livello mentale e familiare. Il mestiere che fai, alla lunga, logora la mente». Il tono è ossequioso, per non irritarlo: «Sig.@LuigiCapasso, si arrenda e si affidi ai suoi colleghi; la faccia finita e si ravveda, in nome di Dio, la prego!!».
Molti ammoniscono gli odiatori seriali con il maiuscolo: «Non offendetelo, è peggio!». Oppure si sentono investiti di un ruolo: «Rimuovete i commenti che non sono costruttivi. Se li leggerà, visto che non ha il profilo bloccato, rendetevi almeno utili». C’è a tratti la percezione dell’assurdità di tutto quel digitare: «Ma a qualcuno con un po’ di cervello, viene in mente di chiudere questo account prima che fate danni ???!!!».
Passano al setaccio il profilo, gli ricordano i momenti che ha passato con le bambine e chiusi come sono nel loro spazio virtuale, quando la notizia del suicidio di Capasso e della morte delle sue figlie è già su tutti i siti si chiedono l’un l’altro se le piccole sono ancora vive.
Non smettono di rivolgersi all’omicida-suicida neanche a tragedia compiuta, ma questa volta lo fanno soprattutto per insultarlo: «Bastardo delinquente devi bruciare all’inferno se Dio esiste ti deve far vivere ma devi soffrire tantissimo, lurido verme». C’è chi allarga l’insulto a tutta l’arma dei carabinieri, la litania di insulti e di commenti si spezzetta in mille rivoli di discussione che vanno dallo stipendio dei militari all’invito a non andare a votare. Riaffiorano barlumi di consapevolezza: «Stiamo parlando con un assassino morto. Che senso a (rigorosamente senza h)». La risposta di Ele Ele è come un verso da corifeo: «La rabbia...
C’è tanta rabbia e penso sia lecita...È chiaro che non ha senso ma ci può stare!».