giovedì 15 marzo 2018

Repubblica 15.3.18
Ha cambiato la fisica con eleganza
Dal big bang ai buchi neri ( non così neri) ecco la sua rivoluzione della cosmologia
di Gianfranco Bertone


Stephen Hawking ha ispirato attraverso i suoi libri e le sue apparizioni sui media milioni di persone di ogni età e provenienza. Il mito di Hawking deve molto alla sua straordinaria umanità, e a quella combinazione unica di tenacia e leggerezza con cui ha affrontato la sua disabilità e il suo status di celebrità mondiale.
Ma al cuore della sua fama ci sono i suoi contributi scientifici, che hanno avuto un enorme impatto sulla fisica teorica, e di cui non abbiamo ancora finito di capire appieno le implicazioni.
Se nella vita reale Hawking è stato costretto su una sedia a rotelle, nel mondo della fisica teorica egli era un formidabile avventuriero, un esploratore di territori fino ad allora inaccessibili e inesplorati. A portarlo all’attenzione della comunità scientifica nella seconda metà degli anni 1960 sono stati i suoi lavori sulle cosiddette “singolarità”, ovvero dei punti in cui la densità di materia diventa infinita, e così anche la curvatura dello spazio e del tempo, che secondo la teoria della Relatività generale di Einstein sono fusi in una unica entità chiamata spaziotempo. In quegli anni si studiavano in particolare le proprietà dei buchi neri, singolarità prodotte dal collasso gravitazionale delle stelle. Nella sua famosa tesi di dottorato, pubblicata nel 1966, Hawking dimostrò che riavvolgendo all’indietro l’espansione del cosmo si arriva inevitabilmente ad un’altra singolarità detta “cosmologica”, mettendo così in relazione questi due argomenti apparentemente scollegati: “dal Big Bang ai buchi neri”, come recita il titolo del suo libro di divulgazione più famoso.
Ma il risultato più importante di Hawking è forse la scoperta, descritta in due articoli pubblicati nel 1974 e 1975, che i buchi neri non sono proprio “neri” ma emettono una forma di radiazione che sottrae progressivamente energia al buco nero fino a farlo possibilmente scomparire. Per ottenere questo risultato Hawking dovette mettere insieme la teoria quantistica con la teoria della relatività generale di Einstein, per dimostrare che la curvatura dello spaziotempo potesse creare nuove particelle, e che queste inevitabilmente sottraessero energia al buco nero. Nel fare questo, egli arrivò anche a stabilire un sorprendente parallelo tra la fisica dei buchi neri e la termodinamica, e ad associare a questi oggetti una definizione di temperatura e di entropia. Queste intuizioni hanno avuto un’enorme influenza sulla fisica teorica, e ne troviamo oggi traccia ovunque: dalle teorie che spiegano l’esistenza di ciò che osserviamo nel cosmo a partire da microscopiche fluttuazioni quantistiche nell’universo primordiale, a quelle più speculative secondo cui l’intero universo sarebbe una sorta di proiezione olografica di una realtà bidimensionale.
Leggere gli articoli di Hawking è per i fisici di oggi un’esperienza altamente formativa, ma anche in un certo senso straniante. Fisica quantistica, gravità, termodinamica, relatività speciale: tutta la fisica sembra fondersi insieme nelle sue dimostrazioni, per riemerge poi cristallizzata in formule elegantissime. Forse è questa l’eredità più importante di Hawking: ci ha insegnato a spingerci con coraggio, fantasia e rigore oltre la frontiera di ciò che conosciamo, e ad esplorare i misteri del cosmo, dal big bang ai buchi neri.