Corriere 15.3.18
Vidi un ragazzo morire nel letto davanti al mio E smisi di commiserarmi
di Stephen Hawking
Mi
capita spesso di sentirmi domandare: come ci si sente ad avere la
sclerosi laterale amiotrofica? La risposta è: non molto bene. Io cerco
di condurre una vita il più possibile normale e di non pensare alla mia
condizione, o di non rimpiangere le cose che essa non mi permette di
fare, che non sono poi così tante.
Per me fu un trauma molto grave
quando seppi di avere la malattia dei motoneuroni. Da bambino non ho
mai avuto una grande coordinazione motoria. Non ero bravo nei giochi con
la palla, e forse fu proprio questa la ragione della mia mancanza di
interesse per lo sport o per le attività fisiche. Le cose parvero però
cambiare quando andai a Oxford. Cominciai a fare il timoniere nel
canottaggio. Non ero certamente a un livello di gare ufficiali, ma me la
cavavo a quello delle gare fra college.
Wagner e i brutti sogni
Nel
mio terzo anno a Oxford, però, notai che mi sembrava di diventare più
impacciato nei movimenti, e un paio di volte caddi senza alcuna ragione
apparente. Solo dopo il mio passaggio a Cambridge, l’anno seguente, mia
madre se ne accorse e mi condusse dal medico di famiglia. Egli mi mandò
da uno specialista e, poco dopo il mio ventunesimo compleanno, mi
ricoverarono in ospedale per esami. Vi rimasi un paio di settimane,
durante le quali fui sottoposto a una grande varietà di analisi. Mi
prelevarono un campione di muscolo da un braccio, mi applicarono
elettrodi, mi iniettarono nella spina dorsale un liquido radio-opaco e
lo osservarono ai raggi X andare su e giù mentre inclinavano variamente
il letto.
Alla fine non mi dissero che cosa avevo, tranne che non
era una sclerosi multipla, e che ero un caso atipico. Mi resi conto però
che si attendevano che continuassi a peggiorare, e che non potevano
fare altro che somministrarmi vitamine. Era chiaro anche che non si
aspettavano che le vitamine potessero fare granché. Non mi sentii di
domandare altri particolari, essendo già chiaro che erano decisamente
sfavorevoli.
La consapevolezza di avere una malattia incurabile
che mi avrebbe probabilmente ucciso in pochi anni fu per me un trauma.
Com’era possibile che una cosa del genere fosse accaduta proprio a me?
Perché dovevo essere stroncato in quel modo? Mentre ero in ospedale,
però, avevo visto un ragazzo che conoscevo vagamente morire di leucemia
nel letto di fronte al mio. Non era stato certamente un bello
spettacolo. Era chiaro che c’erano persone che stavano peggio di me.
Almeno, la mia condizione non mi faceva soffrire fisicamente. Ogni volta
che sono incline a commiserarmi mi viene in mente quel ragazzo.
Non
sapendo che cosa mi sarebbe accaduto, o quanto rapidamente avrebbe
progredito la malattia, non stavo facendo nulla. I medici mi dissero di
tornare a Cambridge e di proseguire la ricerca che avevo appena iniziato
sulla relatività generale e la cosmologia. Io, però, non stavo facendo
molti progressi perché non avevo una grande preparazione matematica, e
in ogni caso non sarei vissuto abbastanza per terminare la mia tesi di
dottorato. Mi vedevo come un personaggio da tragedia. Cominciai ad
ascoltare Wagner, mentre è un’esagerazione che mi fossi dato al bere.
A
quel tempo facevo molti brutti sogni. Prima che mi fosse diagnosticata
la malattia ero piuttosto annoiato della vita. Mi sembrava che non ci
fosse niente che valesse la pena di fare. Poco dopo essere uscito
dall’ospedale, però, sognai che stavo per essere giustiziato.
D’improvviso mi resi conto che c’era una quantità di cose importanti che
avrei potuto fare se la mia condanna fosse stata sospesa. Un altro
sogno che feci varie volte fu quello che sacrificavo la mia vita per
salvare altri. Dopo tutto, se dovevo morire comunque, la mia vicenda
poteva avere anche qualche aspetto positivo.
Le nubi si diradano
Ma
non morii. Anzi, benché una grossa nube nera incombesse sul mio futuro,
trovai, non senza stupirmi, che stavo apprezzando la vita più di prima.
Cominciai a fare progressi nella mia ricerca, mi fidanzai e mi sposai e
ottenni una borsa di studio di ricerca al Caius College di Cambridge.
La
borsa di studio al Caius risolse il mio problema immediato
dell’impiego. Fu una fortuna che avessi scelto di lavorare in fisica
teorica perché questa era una delle poche aree in cui la mia condizione
non mi avrebbe gravemente svantaggiato. E fu una fortuna che la mia
reputazione scientifica crescesse al peggiorare della mia invalidità.