Repubblica 13.3.18
Lo studio di Bankitalia
Aumentano le disuguaglianze
Il 30 per cento dei giovani rischia di diventare povero
Il divario è cresciuto di un punto e mezzo tornando ai livelli degli anni Novanta.
Il 5% delle famiglie detiene il 40% delle ricchezze nazionali, in media 1,3 milioni di euro. E la ripresa incide poco
di Valentina Conte
ROMA
In Italia vivono 13 milioni e 800 mila persone con meno di 830 euro al
mese. Parliamo del 23% della popolazione, uno su quattro, a rischio di
povertà. Un livello «molto elevato», lo definisce Bankitalia nella nuova
indagine campionaria sui bilanci delle famiglie, relativa al 2016. E
non solo perché cresciuto di oltre tre punti percentuali in dieci anni,
massimo storico. Ma soprattutto perché colpisce i giovani più degli
anziani: il 30% degli under 35, solo il 15% degli over 65. Al Sud più
che al Nord: 40 contro 15%. Gli stranieri più degli italiani: 55 contro
20%.
Trovare in questi numeri una spiegazione al terremoto
elettorale è quasi banale. Il livello della disuguaglianza, misurato
dall’indice di Gini, è aumentato di un punto e mezzo tra 2006 e 2016. E,
racconta ancora Bankitalia, si è riportato ai livelli toccati alla fine
degli anni Novanta. L’asimmetria nella distribuzione dei redditi è tale
che il 5% delle famiglie detiene il 40% delle ricchezze nazionali, in
media 1,3 milioni di euro. Mentre il 30% appena l’1%: 6.500 euro in
media. Tre quarti di questi nuclei sono a rischio di povertà. Una
polarità che si è accentuata negli anni più duri della crisi.
«Colgo
quattro dati eclatanti nel rapporto di Bankitalia, che confermano
quanto sapevamo e in parte accolto negli indicatori Bes inseriti nella
legge di Bilancio», osserva Enrico Giovannini, già presidente Istat e
ministro del Lavoro nel governo Letta. «C’è una ripresa leggera del
reddito delle famiglie. Continuano a crescere le disuguaglianze. Le
disparità territoriali restano enormi. E la ricchezza continua a calare,
tranne che per gli ultra 65enni e per il 10% più abbiente. Ma l’aspetto
che deve far riflettere è uno solo, come rileva l’Istat: nel 2017 il
reddito delle famiglie è salito dello 0,7% a fronte del +1,5% messo a
segno dal Pil. Vuol dire che solo metà della ripresa è finita nelle
tasche degli italiani. Molti non l’hanno percepita. E chi se n’è
accorto, ne ha beneficiato in modo davvero lieve. Se vogliamo capire la
propensione a chiedere un cambio di politiche, emersa nelle urne,
dovremmo partire da qui».
I dati di Bankitalia rimettono al centro
della scena gli italiani che non ce la fanno. Quelli che si sentono
abbandonati. Ma evidenziano pure con lucidità un dato sin troppo
trascurato dalla politica: la questione generazionale. In dieci anni, il
rischio povertà si è drasticamente spostato sui giovani e le giovani
famiglie. I working poors, lavoratori poveri, quasi un paradosso.
Ebbene nel 2006 solo il 23% degli under 35 era a rischio povertà. Nel 2016 siamo a 29,7%.
Ancora
peggio per i capofamiglia tra 35 e 45 anni: siamo passati dal 19 al
30%. Nello stesso arco temporale la situazione degli over 65 è
addirittura migliorata: dal 20 al 15,7%.
Anche a livello
territoriale le sorprese non mancano. L’Italia è spaccata, come
sappiamo. Ma al Sud la percentuale di individui a rischio povertà è
rimasta la stessa, seppur pesante: 39%.
Mentre al Nord quasi
raddoppia: da 8 a 15%. E al Centro passa dal 10 al 12%. Una condizione
peggiorata soprattutto per gli stranieri: il 34% sfiorava l’indigenza
nel 2006, il 55% dieci anni dopo. Quando gli italiani restano inchiodati
al 19%. Non basta dunque dire che il reddito medio è salito del 3,5%
tra 2014 e 2016 - a 18.600 euro - se poi le disparità sono queste.