internazionale 18.3.18
Russia
La farsa della democrazia nel regno di Putin
Il risultato delle presidenziali del 18 marzo è già scritto: il leader
russo sarà confermato alla guida del paese. Grazie a un’innegabile
popolarità personale e alla propaganda del Cremlino
Di Deutsche Welle, Germania
In
Russia tutto procede secondo copione. Vladimir Putin sta per
conquistare il suo quarto mandato da presidente: con ogni probabilità
per altri sei anni sarà ancora lui a guidare il paese. Il leader del
Cremlino, 65 anni, è ampiamente in testa ai sondaggi, e la sua vittoria
alle presidenziali del 18 marzo è data per certa. Stando alle previsioni
degli analisti, potrebbe ottenere più del 70 per cento dei voti. Per
l’ex funzionario del Kgb, eletto presidente per la prima volta nel 2000,
si tratterebbe di un record personale. Secondo il sociologo Lev Gudkov,
direttore del Levada Center, un autorevole centro studi sull’opinione
pubblica, i rating di approvazione di Putin sono alle stelle. “L’alto
grado di approvazione per le sue politiche si basa, oltre che
sull’attuale ondata di entusiasmo patriottico-militare, anche sulla
mancanza di alternative e su alcune illusioni”, ha detto Gudkov lo
scorso dicembre. Tra queste c’è la convinzione, molto diffusa tra i
russi, che Putin continuerà a garantire l’attuale livello di benessere.
Gli avversari
Alle
presidenziali parteciperanno in totale otto candidati. Tra loro ci sono
leader politici di grande esperienza (come il populista di destra
Vladimir Žirinovskij e il liberale Grigorij Javlinskij), ma anche alcuni
volti nuovi. Al posto dell’anziano Gennadij Zjuganov, il Partito
comunista ha candidato Pavel Grudinin, deputato dal 1997 e ammiratore di
Stalin. La mossa sembra raccogliere consensi. Grudinin, che ha 57 anni e
dirige un’azienda agricola di successo nei pressi di Mosca, è secondo
nei sondaggi. L’unica donna in corsa è Ksenija Sobčak, presentatrice
televisiva di 36 anni e iglia di Anatolij Sobčak, l’ex sindaco di
Pietroburgo che negli anni novanta lanciò la carriera politica di Putin.
L’autoproclamata “candidata contro tutti” sta cercando di guadagnarsi i
voti dei liberali, aiutando così il Cremlino, consapevolmente o meno, a
far salire l’affluenza elettorale. A un primo sguardo sembrerebbe
rappresentato l’intero spettro politico, dall’estrema sinistra
all’estrema destra, con Putin posizionato al centro. Ma è un’impressione
ingannevole. Nei sondaggi tutti i candidati, ovviamente con l’eccezione
di Putin, sono sotto la soglia del 10 per cento e nessuno è una reale
minaccia per il favorito. Anzi, alcuni sono sospettati di essere
candidati di comodo, scelti dal Cremlino. In alcuni dibattiti televisivi
capita che Putin sia criticato, ma spesso queste trasmissioni
degenerano in tv spazzatura. E il leader del Cremlino se ne tiene alla
larga. Al leader dell’opposizione Aleksej Navalnyj, che negli ultimi
anni si è accreditato come il principale avversario di Putin, non è
stato permesso di candidarsi. Per questo i suoi sostenitori sono stati
invitati a boicottare il voto. Navalnyj, che ha 41 anni, vive a Mosca ed
è da tempo impegnato in campagne contro la corruzione, nel 2017 è stato
condannato con la condizionale per un reato di natura economica in un
processo che – afferma l’accusato – è stato una farsa. Gli analisti
politici e i sondaggisti ritengono che, pur non avendo i numeri per
sconfiggere Putin neanche in elezioni libere e democratiche, Navalnyj
avrebbe però potuto ridimensionare l’inevitabile successo del leader del
Cremlino. L’incognita maggiore del voto è probabilmente rappresentata
dal comportamento che il leader dell’opposizione terrà dopo il 18 marzo:
tutti si chiedono se lancerà appelli per nuove manifestazioni contro
Putin. “Credo che i cittadini abbiano tutto il diritto di ribellarsi
contro la tirannia”, ha dichiarato Navalnyj il mese scorso. “Quelle che
si svolgono in Russia sono proteste assolutamente pacifiche.
L’atteggiamento dei manifestanti è molto più tranquillo di quello delle
autorità, che accompagnano ogni corteo con un’enorme presenza di forze
dell’ordine”. Nell’inverno 2011-2012 Navalnyj fu tra i leader delle
proteste nate dopo la vittoria alle elezioni legislative del partito di
Putin, Russia unita, che fu accusato di brogli. L’insoddisfazione della
classe media urbana portò in piazza decine di migliaia di moscoviti, e
per la prima volta l’immagine del presidente come leader di successo fu
messa in discussione. Il nodo dell’affluenza Dopo la vittoria alle
ultime presidenziali, nel 2012, Putin ha imposto limitazioni alla
libertà di stampa e alla libertà di manifestare. Nel 2016, inoltre, ha
creato la Rosgvardija (Guardia nazionale della Federazione russa), una
forza di polizia sotto il suo controllo personale, che ha il compito di
soffocare ogni possibile insurrezione. Per dare un segnale di
cambiamento, sempre nel 2016 è stato sostituito il capo della
commissione elettorale, pesantemente screditato in seguito alle accuse
di brogli. Uno dei compiti del suo successore è far aumentare
l’affluenza alle urne. Negli ultimi anni in Russia l’astensionismo è
cresciuto molto, soprattutto nelle grandi città. Temendo una scarsa
partecipazione al voto del 18 marzo, il Cremlino e le autorità russe
stanno cercando di corteggiare i cittadini con tutti i mezzi
disponibili: dai video comici diffusi sui social media ino alla
pubblicità elettorale sulle bottiglie del latte e ai test gratuiti per
la diagnosi precoce del cancro in alcuni seggi elettorali. Anche la data
del voto, che cade nel quarto anniversario dell’annessione della
Crimea, è stata scelta nella speranza di far rivivere l’euforia del
2014. In giro non c’è aria di protesta. Questo clima tranquillo è
conseguenza delle scelte fatte in politica interna, ma soprattutto della
politica estera del Cremlino. Il terzo mandato presidenziale di Putin è
durato sei anni – e non quattro come i precedenti – grazie a un
emendamento costituzionale fatto approvare nel 2008. In questo periodo
la Russia è cambiata profondamente. L’annessione della Crimea è stata un
punto di svolta: ha fatto schizzare in alto la popolarità di Putin, ha
spinto l’opinione pubblica a stringersi intorno al presidente e ha
portato il paese a scontrarsi con l’occidente. Da allora i politici e i
mezzi d’informazione hanno alimentato queste tendenze, come se la Russia
fosse una fortezza assediata dall’esterno. La retorica bellica è
diventata parte della vita quotidiana. Le sanzioni approvate dai paesi
occidentali dopo l’annessione della Crimea e la guerra in Donbass in un
primo momento sono state applicate con una certa riluttanza. Ma dopo i
tentativi di Mosca di interferire nelle elezioni statunitensi del 2016
sono state rinnovate con maggior rigore. Finora questi provvedimenti
hanno creato a Mosca danni minori di quelli causati nel 2014 dal crollo
dei prezzi di petrolio e gas, le due principali voci delle esportazioni
del paese. Dopo le difficoltà degli ultimi anni, l’economia russa è
tornata a crescere, anche se lentamente, e l’inflazione rimane bassa.
Tuttavia nel 2017 il reddito reale è calato per il quarto anno
consecutivo, con una contrazione dell’1,7 per cento. Le spese militari,
invece, sono rimaste molto alte, a scapito degli investimenti in
istruzione e sanità. La politica estera Grazie all’intervento militare
in Siria a ianco del presidente Bashar al Assad, Mosca è riuscita a
porre termine al suo parziale isolamento sulla scena internazionale e ad
avere di nuovo un ruolo di primo piano in Medio oriente. Putin ha così
realizzato la sua aspirazione: riportare il paese al rango di grande
potenza. Nel discorso sullo stato della nazione pronunciato il 1 marzo
ha parlato di sé come di un leader che guida il proprio popolo da una
vittoria all’altra. La presentazione delle nuovi armi nucleari russe,
indirizzata soprattutto agli Stati Uniti, è stata una sorpresa. Nella
sostanza il messaggio di Putin è: non provate a toccarci. La politica
estera sembra essere il tema principale della campagna elettorale di
Putin. Più si avvicina il giorno del voto, più frequentemente il
presidente fa riferimento all’arsenale atomico di Mosca. In
un’intervista raccolta per il documentario The world order 2018 Putin ha
spiegato a chiare lettere che, se sarà attaccato, userà le armi
nucleari, anche se questo dovesse portare a “un disastro globale per
l’umanità”. D’altronde, ha specificato, “che senso avrebbe per noi un
mondo senza la Russia?”. Tutto lascia pensare che ci aspettano tempi
turbolenti. Gli Stati Uniti stanno preparando nuove sanzioni. La Russia
adotterà probabilmente ritorsioni. Il conflitto in Ucraina potrebbe
rapidamente registrare una nuova escalation. In Medio oriente, inine, la
guerra in Siria potrebbe ulteriormente allargarsi, rendendo necessario
un maggiore coinvolgimento russo. Putin ha usato gli ultimi anni per
raforzare le capacità militari della Russia e per allontanarla
dall’occidente. E oggi alcuni osservatori temono che dopo il voto, o al
più tardi dopo i mondiali di calcio (che la prossima estate saranno
ospitati dalla Russia), il paese possa diventare una scheggia impazzita.