lunedì 19 marzo 2018

internazionale 18.3.18
Russia
La farsa della democrazia nel regno di Putin

Il risultato delle presidenziali del 18 marzo è già scritto: il leader russo sarà confermato alla guida del paese. Grazie a un’innegabile popolarità personale e alla propaganda del Cremlino
Di Deutsche Welle, Germania


In Russia tutto procede secondo copione. Vladimir Putin sta per conquistare il suo quarto mandato da presidente: con ogni probabilità per altri sei anni sarà ancora lui a guidare il paese. Il leader del Cremlino, 65 anni, è ampiamente in testa ai sondaggi, e la sua vittoria alle presidenziali del 18 marzo è data per certa. Stando alle previsioni degli analisti, potrebbe ottenere più del 70 per cento dei voti. Per l’ex funzionario del Kgb, eletto presidente per la prima volta nel 2000, si tratterebbe di un record personale. Secondo il sociologo Lev Gudkov, direttore del Levada Center, un autorevole centro studi sull’opinione pubblica, i rating di approvazione di Putin sono alle stelle. “L’alto grado di approvazione per le sue politiche si basa, oltre che sull’attuale ondata di entusiasmo patriottico-militare, anche sulla mancanza di alternative e su alcune illusioni”, ha detto Gudkov lo scorso dicembre. Tra queste c’è la convinzione, molto diffusa tra i russi, che Putin continuerà a garantire l’attuale livello di benessere.
Gli avversari
Alle presidenziali parteciperanno in totale otto candidati. Tra loro ci sono leader politici di grande esperienza (come il populista di destra Vladimir Žirinovskij e il liberale Grigorij Javlinskij), ma anche alcuni volti nuovi. Al posto dell’anziano Gennadij Zjuganov, il Partito comunista ha candidato Pavel Grudinin, deputato dal 1997 e ammiratore di Stalin. La mossa sembra raccogliere consensi. Grudinin, che ha 57 anni e dirige un’azienda agricola di successo nei pressi di Mosca, è secondo nei sondaggi. L’unica donna in corsa è Ksenija Sobčak, presentatrice televisiva di 36 anni e iglia di Anatolij Sobčak, l’ex sindaco di Pietroburgo che negli anni novanta lanciò la carriera politica di Putin. L’autoproclamata “candidata contro tutti” sta cercando di guadagnarsi i voti dei liberali, aiutando così il Cremlino, consapevolmente o meno, a far salire l’affluenza elettorale. A un primo sguardo sembrerebbe rappresentato l’intero spettro politico, dall’estrema sinistra all’estrema destra, con Putin posizionato al centro. Ma è un’impressione ingannevole. Nei sondaggi tutti i candidati, ovviamente con l’eccezione di Putin, sono sotto la soglia del 10 per cento e nessuno è una reale minaccia per il favorito. Anzi, alcuni sono sospettati di essere candidati di comodo, scelti dal Cremlino. In alcuni dibattiti televisivi capita che Putin sia criticato, ma spesso queste trasmissioni degenerano in tv spazzatura. E il leader del Cremlino se ne tiene alla larga. Al leader dell’opposizione Aleksej Navalnyj, che negli ultimi anni si è accreditato come il principale avversario di Putin, non è stato permesso di candidarsi. Per questo i suoi sostenitori sono stati invitati a boicottare il voto. Navalnyj, che ha 41 anni, vive a Mosca ed è da tempo impegnato in campagne contro la corruzione, nel 2017 è stato condannato con la condizionale per un reato di natura economica in un processo che – afferma l’accusato – è stato una farsa. Gli analisti politici e i sondaggisti ritengono che, pur non avendo i numeri per sconfiggere Putin neanche in elezioni libere e democratiche, Navalnyj avrebbe però potuto ridimensionare l’inevitabile successo del leader del Cremlino. L’incognita maggiore del voto è probabilmente rappresentata dal comportamento che il leader dell’opposizione terrà dopo il 18 marzo: tutti si chiedono se lancerà appelli per nuove manifestazioni contro Putin. “Credo che i cittadini abbiano tutto il diritto di ribellarsi contro la tirannia”, ha dichiarato Navalnyj il mese scorso. “Quelle che si svolgono in Russia sono proteste assolutamente pacifiche. L’atteggiamento dei manifestanti è molto più tranquillo di quello delle autorità, che accompagnano ogni corteo con un’enorme presenza di forze dell’ordine”. Nell’inverno 2011-2012 Navalnyj fu tra i leader delle proteste nate dopo la vittoria alle elezioni legislative del partito di Putin, Russia unita, che fu accusato di brogli. L’insoddisfazione della classe media urbana portò in piazza decine di migliaia di moscoviti, e per la prima volta l’immagine del presidente come leader di successo fu messa in discussione. Il nodo dell’affluenza Dopo la vittoria alle ultime presidenziali, nel 2012, Putin ha imposto limitazioni alla libertà di stampa e alla libertà di manifestare. Nel 2016, inoltre, ha creato la Rosgvardija (Guardia nazionale della Federazione russa), una forza di polizia sotto il suo controllo personale, che ha il compito di soffocare ogni possibile insurrezione. Per dare un segnale di cambiamento, sempre nel 2016 è stato sostituito il capo della commissione elettorale, pesantemente screditato in seguito alle accuse di brogli. Uno dei compiti del suo successore è far aumentare l’affluenza alle urne. Negli ultimi anni in Russia l’astensionismo è cresciuto molto, soprattutto nelle grandi città. Temendo una scarsa partecipazione al voto del 18 marzo, il Cremlino e le autorità russe stanno cercando di corteggiare i cittadini con tutti i mezzi disponibili: dai video comici diffusi sui social media ino alla pubblicità elettorale sulle bottiglie del latte e ai test gratuiti per la diagnosi precoce del cancro in alcuni seggi elettorali. Anche la data del voto, che cade nel quarto anniversario dell’annessione della Crimea, è stata scelta nella speranza di far rivivere l’euforia del 2014. In giro non c’è aria di protesta. Questo clima tranquillo è conseguenza delle scelte fatte in politica interna, ma soprattutto della politica estera del Cremlino. Il terzo mandato presidenziale di Putin è durato sei anni – e non quattro come i precedenti – grazie a un emendamento costituzionale fatto approvare nel 2008. In questo periodo la Russia è cambiata profondamente. L’annessione della Crimea è stata un punto di svolta: ha fatto schizzare in alto la popolarità di Putin, ha spinto l’opinione pubblica a stringersi intorno al presidente e ha portato il paese a scontrarsi con l’occidente. Da allora i politici e i mezzi d’informazione hanno alimentato queste tendenze, come se la Russia fosse una fortezza assediata dall’esterno. La retorica bellica è diventata parte della vita quotidiana. Le sanzioni approvate dai paesi occidentali dopo l’annessione della Crimea e la guerra in Donbass in un primo momento sono state applicate con una certa riluttanza. Ma dopo i tentativi di Mosca di interferire nelle elezioni statunitensi del 2016 sono state rinnovate con maggior rigore. Finora questi provvedimenti hanno creato a Mosca danni minori di quelli causati nel 2014 dal crollo dei prezzi di petrolio e gas, le due principali voci delle esportazioni del paese. Dopo le difficoltà degli ultimi anni, l’economia russa è tornata a crescere, anche se lentamente, e l’inflazione rimane bassa. Tuttavia nel 2017 il reddito reale è calato per il quarto anno consecutivo, con una contrazione dell’1,7 per cento. Le spese militari, invece, sono rimaste molto alte, a scapito degli investimenti in istruzione e sanità. La politica estera Grazie all’intervento militare in Siria a ianco del presidente Bashar al Assad, Mosca è riuscita a porre termine al suo parziale isolamento sulla scena internazionale e ad avere di nuovo un ruolo di primo piano in Medio oriente. Putin ha così realizzato la sua aspirazione: riportare il paese al rango di grande potenza. Nel discorso sullo stato della nazione pronunciato il 1 marzo ha parlato di sé come di un leader che guida il proprio popolo da una vittoria all’altra. La presentazione delle nuovi armi nucleari russe, indirizzata soprattutto agli Stati Uniti, è stata una sorpresa. Nella sostanza il messaggio di Putin è: non provate a toccarci. La politica estera sembra essere il tema principale della campagna elettorale di Putin. Più si avvicina il giorno del voto, più frequentemente il presidente fa riferimento all’arsenale atomico di Mosca. In un’intervista raccolta per il documentario The world order 2018 Putin ha spiegato a chiare lettere che, se sarà attaccato, userà le armi nucleari, anche se questo dovesse portare a “un disastro globale per l’umanità”. D’altronde, ha specificato, “che senso avrebbe per noi un mondo senza la Russia?”. Tutto lascia pensare che ci aspettano tempi turbolenti. Gli Stati Uniti stanno preparando nuove sanzioni. La Russia adotterà probabilmente ritorsioni. Il conflitto in Ucraina potrebbe rapidamente registrare una nuova escalation. In Medio oriente, inine, la guerra in Siria potrebbe ulteriormente allargarsi, rendendo necessario un maggiore coinvolgimento russo. Putin ha usato gli ultimi anni per raforzare le capacità militari della Russia e per allontanarla dall’occidente. E oggi alcuni osservatori temono che dopo il voto, o al più tardi dopo i mondiali di calcio (che la prossima estate saranno ospitati dalla Russia), il paese possa diventare una scheggia impazzita.