internazionale 11.3.18
Pechino alle prese con l’abuso di antibiotici
La
diffusione di batteri sempre più resistenti a causa dell’uso eccessivo
di antibiotici è un problema mondiale che colpisce in particolare
l’Africa e l’Asia. Le autorità cinesi corrono ai ripari
Di Eeje Rammeloo, MO, Belgio
Il
trasferimento a Shanghai non ha lasciato indifferente Adam. Il ragazzo
di 22 anni è tornato a vivere con i genitori dopo quindici anni passati
in campagna con i nonni. I pomi e le macchie rosse sulle sue braccia si
sono estese al petto e alle gambe. Sua madre gli mette pomate e prepara
infusi con le erbe mandate dalla nonna, ma nulla sembra funzionare.
Neanche il dottore sa fare una diagnosi. In Cina in questi casi si
ricorre all’artiglieria pesante: per tre mattine il medico somministra
ad Adam una flebo di antibiotici. Se non funziona, proveranno un’altra
cura. L’artiglieria pesante in Cina non è più così pesante: anche per un
semplice raffreddore viene prescritta una terapia. In fondo gli
antibiotici costano poco e funzionano quasi sempre.
Nel 2010 la
Cina ha usato dieci miliardi di dosi di antibiotici contro i sei
miliardi abbondanti degli Stati Uniti. Significa che i medici hanno
prescritto antibiotici al 22 per cento dei pazienti. Per quelli
ricoverati in ospedale la quota saliva al 68,9 per cento. Solo che i
batteri si sono abituati ai farmaci e hanno trovato un modo di
sopravvivere, così gli antibiotici non funzionano più. “È una crisi
internazionale”, dice il professor Xiao Yonghong, specialista della
materia. “Nel 2050 in Asia occidentale moriranno 473 milioni di persone
all’anno per infezioni provocate da batteri resistenti agli
antibiotici”, avverte. “La mancanza d’informazioni dai paesi a basso e
medio reddito fa sì che non conosciamo con precisione le dimensioni del
fenomeno, ma è chiaro che abbiamo un problema”, spiega Marc Sprenger,
direttore del dipartimento dell’Organizzazione mondiale della sanità
contro la resistenza agli antibiotici. “Il nodo del problema è in Africa
e in Asia. I paesi con un sistema sanitario debole avranno le
difficoltà maggiori”.
Xiao guida la battaglia in Cina. Ha stilato
un piano d’azione per fare in modo, tra le altre cose, che i medici
siano più cauti nella prescrizione di antibiotici. Dal 2010 la
preparazione di medici e farmacisti è migliorata, vengono formati più
microbiologi e le regole sulle prescrizioni sono diventate più severe.
Ma l’economia alimenta le abitudini pericolose. Il dottor Yao, nel
paesino di Xincheng, ha un ambulatorio di tre stanze. Dietro alle
listelle di plastica che fanno da porta c’è un bancone dove il dottore
vende i medicinali. Accanto, ci sono uno stanzino usato come studio e
una sala d’aspetto con tre persone sedute. Un liquido marrone filtra
dalle flebo. La penicillina dovrebbe dare sollievo, dice una donna con
gli occhi umidi. “L’influenza non vuole saperne di passare”, sospira. Il
fatto che i medici di famiglia, che in campagna sono anche farmacisti,
abbiano un tornaconto se prescrivono un antibiotico è un problema in
tutta la Cina. Negli ospedali solo un decimo della spesa sanitaria è
coperto dal governo, il resto è a carico delle strutture. La nuova
regola che proibisce di aggiungere un sovrapprezzo ai medicinali toglie
la tentazione di venderne il più possibile, ma non è chiaro come faranno
le autorità a controllare che la legge sia rispettata nelle zone più
sperdute.
Altre vie
L’assunzione di antibiotici, in ogni
caso, avviene anche attraverso altri canali. La Cina è il paese che usa
più antibiotici negli allevamenti: 16mila tonnellate all’anno che
potrebbero diventare 34mila nel 2030, molto più delle 10mila tonnellate
degli Stati Uniti. I residui degli antibiotici finiscono nella carne e,
attraverso gli escrementi, nelle falde acquifere. Nel 2013 tra il
bestiame è comparso un batterio resistente alla colistina, un
antibiotico molto usato negli allevamenti. Di recente il governo di
Pechino ha deciso di vietarne l’uso sugli animali e non è chiaro per
quanto il farmaco sarà efficace sulle persone (per i suoi effetti
collaterali, la colistina è comunque poco impiegata). La Cina non è
l’unico paese a dover affrontare il problema dell’uso degli antibiotici
negli allevamenti. Ma è l’unico in cui si producono tutte le sostanze di
base di questo tipo di farmaci e in cui c’è poco controllo sul
trattamento delle sostanze di scarto. Eppure gli esperti sono
relativamente ottimisti. Se non altro le autorità corrono ai ripari. E
se i grandi ospedali cambieranno politica, anche gli ambulatori come
quello del dottor Yao li seguiranno. Adam non è riuscito ad ambientarsi a
Shanghai e si è ritrasferito dai nonni. E lo sfogo cutaneo è scomparso
come neve al sole.