Indifferenza…
internazionale 18.3.18
La settimana
Russia
di Giovanni De Mauro
“Nei
paesi occidentali le procedure elettorali sono certe ma il risultato è
incerto, in Russia le procedure sono incerte ma il risultato è certo”.
Igor Mintusov, consulente politico moscovita, riassume così sul New York
Times le contraddizioni delle elezioni presidenziali russe del 18
marzo, un appuntamento che serve a far sembrare democratico un processo
politico che di democratico non ha più nulla. Vladimir Putin è talmente
forte e popolare che ha il problema di come vincere senza esagerare, per
evitare un risultato così schiacciante da diventare imbarazzante. E
vuole anche allontanare ogni sospetto di brogli, un rischio inutile
visto il successo scontato. I giornali di Mosca raccontano che i suoi
collaboratori puntano alla “formula 70/70”: il 70 per cento di voti con
il 70 per cento di affluenza. Ma per portare tante persone ai seggi,
dando così legittimità al voto, il presidente uscente deve sconfiggere
uno dei suoi principali avversari: l’indifferenza degli elettori, in
particolare dei più giovani. La loro è un’indifferenza nei confronti
delle elezioni, non di Putin. La popolarità del presidente è immensa e
fuori discussione, ed è anche il risultato della sistematica repressione
di ogni opposizione e di un incessante lavoro di propaganda. Putin è
diventato il padre della Russia postcomunista, l’uomo forte che ha
portato stabilità e un minimo livello di benessere, e soprattutto il
leader che ha restituito al paese il prestigio internazionale. Ma
superata la facciata apparentemente monolitica del Cremlino e del potere
putiniano, la Russia resta estremamente complessa e sfaccettata,
geograficamente e culturalmente diversissima. “È una terra di storie”,
scrive Karl Ove Knausgård nel reportage che pubblichiamo in copertina. E
raccontare queste storie nascoste è un modo per restituire la reale
dimensione sociale, prima ancora che politica, della Russia.