il manifesto 8.3.18
Il malessere del sud covava da 15 anni
Sinistra
all'anno zero. Dopo questa sconfitta dobbiamo cambiare tutto e cambiare
tutti. Un’avventura con tanti rischi ma che potrebbe essere meno triste
del presente uscito dal voto
di Aldo Carra
Il
Pd ha perso, LeU non ha sfondato, PaP non si è affermata. La sinistra ha
toccato il minimo storico. Il voto misura i consensi ai partiti in un
preciso momento. Ma quando i risultati sono pesanti e omogenei, il voto
fa vedere anche quali fenomeni covavano da tempo e non sono stati
avvertiti in tempo.
Il voto del 4 marzo ha queste caratteristiche e
mostra il punto di arrivo di due fenomeni diversi in atto nelle due
grandi aree del paese. Al centro-nord si tratta del fenomeno migratorio e
del suo intreccio con la crisi economica degli ultimi 10 anni, un mix
di insicurezza che cresce e di disperazione che arriva. Al centro-sud
della crescita della disoccupazione e delle povertà accentuate dalla
stessa crisi e della contestuale fine dei tradizionali ammortizzatori
clientelari. Un mix di bisogni che crescono e risposte che calano.
I
due fatti clamorosi che registriamo oggi – il successo della Lega al
centro nord e l’affermazione ancor più clamorosa del M5s in tutto il
mezzogiorno (ma nel voto proporzionale anche nel settentrione – sono la
risultante dei processi che hanno agito nel corso degli ultimi 10-15
anni. Il loro effetto è visibile nella carta d’Italia con i colori che
evidenziano le aree di sfondamento della Lega e del M5s. Sembra di
essere tornati indietro di 150 anni, al tempo del Regno delle Due
Sicilie!
Sul voto al sud hanno scritto cose che condivido Michele
Prospero e Piero Bevilacqua. Vorrei integrarle con alcune possibili
implicazioni per il futuro.
I fenomeni di disoccupazione e povertà
sono endemici nel sud. Essi sono stati attenuati con le politiche
clientelari dell’era democristiana e con la catena della distribuzione
dei profitti dell’economia criminale soprattutto nella fase di sviluppo
dell’edilizia privata e dei lavori pubblici. Erano i tempi in cui Dc e
spesa pubblica svolgevano la funzione di ammortizzatori sociali. Dopo,
queste risorse e questi canali si sono indeboliti: le politiche di
austerità hanno chiuso il rubinetto della spesa pubblica, le mafie, in
parte sconfitte, si sono spostate nel nord ed oltreconfine
specializzandosi in droga e finanza e delocalizzando. Così sempre di più
oggi i giovani sono costretti a fuggire e chi resta ha prospettive buie
aggravate dalla preoccupazione per gli effetti prossimi dei processi di
automazione e robotizzazione. In questo quadro il divario tra il
malessere dei molti impoveriti dalla disoccupazione e il benessere dei
pochi arricchiti – tra i quali si collocano gli strati sociali dei
politici ai diversi livelli istituzionali – costituisce una miscela
esplosiva conservata in un serbatoio di rabbia.
Le classi
politiche che si sono succedute al potere non hanno saputo né dare una
risposta né essere di esempio. E nelle politiche e nella gestione del
potere, le distinzioni tra sinistra e destra non si sono viste
anticipando così lo slogan del loro superamento. Questo il terreno
fertile ben seminato e coltivato dal M5s con le parole d’ordine
dell’onestà e della riduzione dei costi della politica. Un Partito Etico
come risposta alla crisi! Un eresia per alcuni, un bisogno per altri.
Stando
fuori si pensa che un’arma importante di penetrazione del M5s sia stata
la proposta di reddito di cittadinanza. Questa ipotesi confermerebbe lo
stereotipo dei meridionali che aspettano assistenza. Ma in realtà non
sembra sia questa la leva principale del consenso: sono state la rabbia e
la convinzione che peggio di così non potrà essere.
Il M5S ha prima contenuto la fuga verso l’astensione. Oggi ha un compito ancora più grande.
La
rabbia che sfocia nel voto è anche un grande investimento in speranza.
Il doppio voto di protesta e di speranza è una scommessa da far tremare i
polsi. Esso non potrà essere deluso.
Torniamo alla sinistra. I
voti in più al M5S vengono in buona parte da sinistra (adesso il 20% dei
voti persi dal Pd) e si aggiungono a quelli che già erano transitati.
Può sembrare paradossale, ma proprio mentre si afferma una leadership
più moderata, rassicurante e realistica come quella di Di Maio, il corpo
elettorale è sempre più costituito da persone con storie di sinistra
alle spalle. Abbiamo cercato di andarli a prendere nel bosco, ma loro si
sono accasati nel M5s.
La sinistra ha davanti a sé un compito
enorme. Rinnovarsi o rigenerarsi sono forse termini moderati che
esprimono continuità. Più probabilmente la sinistra dovrà rinascere. In
forme nuove, con modalità di azione nuove, con forze nuove.
Le
aree di malessere prima indicate dovrebbero essere il terreno di una
nuova pratica politica. Una pratica in cui ci si confronta con i
problemi e con le soluzioni, ci si sfida, si compete e si collabora, si
fa politica per le persone e con le persone. Si costruisce una comunità e
insieme una nuova identità. Dopo questa sconfitta dobbiamo cambiare,
cambiare tutto e cambiare tutti. Un’avventura, con tanti rischi? Sì. Ma
potrebbe essere meno triste del presente.