Il Fatto 19.3.18
Nicholas (21 anni) scuote il Pd: “È marcio, i nostri votano M5S”
Il duro intervento al Nazareno, tra i tanti silenzi e i pochi applausi dei dem di Cuperlo
di Virginia Della Sala
In
terra irpina, nella provincia campana di Avellino, la definirebbero una
“cazziata”: una rimbeccata tonante e senza altre intenzioni se non
mettere il Partito Democratico di fronte ai suoi errori. Nicholas
Ferrante ha 21 anni, è un giovane democratico della provincia di
Avellino (arriva oltretutto da Luogosano, un paese di 1.100 abitanti a
ridosso dell’alta Irpinia) e ieri si è conquistato lunghi applausi al
Nazareno durante l’assemblea di ‘Sinistra Dem’, la corrente Pd che fa
capo a Gianni Cuperlo.
Un’analisi precisa sugli sbagli di un
partito che non ha più radici nei territori e tra le persone: “Nella
provincia di Avellino, culla del ‘De Mitismo’ il Pd ha preso il 15%
mentre il M5s il 42%: i numeri già dicono tutto”. Racconta di una realtà
in cui “aspiranti candidati hanno perso la dignità in cambio di una
candidatura” e parla di un partito che a livello locale non esiste. “Ci
sono i ‘signori delle tessere’ e se hai un capitale, un imprenditore che
ti sostiene, puoi prendere in mano il partito”. Racconta di persone che
dopo una vita a sinistra, hanno votato il M5s per liberarsi di “un
sistema marcio e clientelare”, del ‘Rosatellum’ che ha imposto la
candidatura del mal visto Giuseppe De Mita, della vita reale: il padre
che non paga le bollette per mandare il figlio all’università, i
laureati costretti ad accettare lavori gratuiti. “Nulla di sinistra, ma è
ciò che in questi anni abbiamo avallato”. Quello che viene abbandonato
da uno se lo prende un altro: “La bandiera dell’onestà del M5s – dice
Ferrante – della moralità, del rispetto e lademocrazia diretta: erano
nostri temi ma siamo stati in grado di farli prendere a loro. Dobbiamo
parlare di questione morale, democrazia dei beni comuni e rispettare la
sovranità popolare sui referendum del 2011 sull’acqua pubblica: è una
cosa di sinistra”. Semplice. Lineare. Il 5 marzo è andato in una scuola a
parlare coi ragazzi: “Non ho saputo rispondere a ragazzi di tre anni
più piccoli di me, quando mi hanno chiesto: ‘Come posso partecipare alla
vita del Pd?’. Cosa dovevo rispondere? Di andare a prostrarsi davanti a
un signore delle tessere? Ho alzato le mani e ho detto: ‘Non ti so
rispondere’. Dobbiamo ripartire dal basso, scusandoci con gli elettori
di centrosinistra che hanno votato il M5s: dobbiamo intercettarli, non
dire che non ci hanno capito. Erano più avanti di noi: i risultati lo
dimostrano”.
Ieri è stata anche giornata di botta e risposta a
destra. L’ex governatore della Lombardia, Roberto Maroni, a Mezz’ora su
Rai 3, ha definito impossibile un governo tra Lega e M5S che metterebbe
in crisi le alleanze delle amministrazioni locali. Ha definito Salvini
un “ragazzo giovane, molto ambizioso e capace” ma che deve aspettare:
“Mi auguro solo che il patrimonio che io, Bossi, Berlusconi abbiamo
costruito in questi anni non venga buttato via”. La risposta di Matteo
Salvini è arrivata invece a Domenica Live, su Canale 5: ha scommesso su
se stesso come premier e non ha escluso un dialogo con i 5 Stelle:
“Voglio vedere cosa vogliono fare – ha detto .- È mio dovere ascoltare
tutti. Non c’è niente di impossibile e irrealizzabile”. Esclude un
governo delle larghe intese, ma apre al Pd: “Spero ci aiuti a far
ripartire il Paese”.
Nel pomeriggio è arrivata poi l’annunciata
telefonata tra Salvini e il leader del M5s, Luigi Di Maio. “Ci siamo
confrontati sulla questione delle presidenze delle Camere in vista del
voto di venerdì prossimo. Non abbiamo parlato di nomi né di ruoli”.
Anche Di Maio aveva spiegato la telefonata con Salvini. “Come vi avevo
anticipato – ha scritto sul blog delle stelle – ho sentito i principali
esponenti di tutti i futuri gruppi parlamentari per un confronto
sull’individuazione dei presidenti delle Camere che dovranno essere
votati a partire da venerdì. Dobbiamo far ripartire subito il
Parlamento”. Ha spiegato, poi, di aver parlato anche con Maurizio
Martina, Renato Brunetta, Giorgia Meloni (che auspica che la presidenza
delle Camere vadano al centrodestra) e Pietro Grasso. “È il primo passo
per far partire la legislatura e voglio che tutto avvenga nella massima
trasparenza”