Il Fatto 15.3.18
I Br e l’occasione di “non” parlare
di Pino Corrias
Annosa
è la questione: se i brigatisti con mani e chiacchiere insanguinate
siano autorizzati oppure no (e non solo dalla buona creanza) a
pronunciarsi su quello che combinarono lungo l’asfalto di via Fani, quel
16 marzo 1978, fucilando sei uomini in tutto, l’ultimo con morte
differita di 55 giorni, in nome di una rivoluzione che era ridicola se
non fosse stata tragica.
È semmai in nome di quel tragico che
dovrebbero ascoltare anziché parlare. O parlare il meno possibile. E
qualche volta leggere. Per esempio le 86 lettere scritte in quei giorni
da Aldo Moro, il più struggente diario umano che un politico di quegli
anni abbia scritto, segregato nel solo territorio italiano che i
brigatisti hanno mai governato, i 90 centimetri di larghezza e i 200 di
lunghezza della sua prigione di via Montalcini.
Con Prospero
Gallinari che si era comprato una “Storia della democrazia cristiana”
per capire qualcosa dei labirinti verbali di Moro. Dentro ai quali
rilucevano notizie su Gladio che neanche Mario Moretti – il grande capo –
capì in tempo, sebbene viaggiasse sui treni della Stato Imperialista
delle Multinazionali, leggendo, per sommo addestramento d’astuzia, la
Settimana enigmistica.