mercoledì 7 marzo 2018

Gli studenti della scuola di Parkland sono sopravvissuti al massacro commesso da Nikolas Cruz e fanno sentire la loro voce in un modo mai visto prima
internazionale 4.3.18
Le opinioni
Una nuova speranza per fermare le armi
Di Katha Pollitt


Stavo per scrivere un commento sull’immobilismo dei progressisti rispetto al tema delle armi da fuoco. Su come anche dopo una spaventosa sparatoria in una scuola la maggior parte di noi si sia limitata a esprimere preoccupazione. Dopo ogni massacro, volevo scrivere, facciamo sempre le stesse cose: mandiamo lettere ai giornali, doniamo soldi alle associazioni per il controllo delle armi e ai politici che promettono di lottare per tamponare l’emorragia. Ma, a parte gli attivisti più impegnati, il nostro sforzo è inefficace. La Million mom march (Marcia del milione di mamme), che risale al 2000, è stata l’ultima grande mobilitazione nazionale. La maggior parte degli statunitensi è a favore del controllo delle armi, ma la passione, oltre che il denaro e la maggioranza del congresso, sono a favore della National rile association (Nra).
Gli studenti della scuola superiore Marjory Stoneman Douglas di Parkland, in Florida, sono sopravvissuti al massacro commesso da Nikolas Cruz, un loro ex compagno di scuola che ha ucciso 17 persone e ne ha ferite 15, e stanno facendo sentire la loro voce in un modo mai visto prima, sfidando i politici. In televisione e su Twitter sono ovunque. Emma González, studente all’ultimo anno di liceo, potrebbe aver fatto la storia con il suo intervento durante una manifestazione, tre giorni dopo la strage: “I politici siedono nelle loro poltrone dorate al congresso, finanziati dall’Nra, e ci dicono che non c’era niente da fare per evitare tutto questo: per noi sono stronzate”, ha detto González. Gli studenti di Parkland stanno organizzando una manifestazione a Washington il 24 marzo, e altre probabilmente sono in cantiere. Gli allievi di una scuola superiore di Boca Raton, in Florida, hanno manifestato e magari avete visto gli studenti che si sono finti morti di fronte alla Casa Bianca. Forse saranno i ragazzi a salvarci, alla fine, e sarebbe anche ora. Noi adulti progressisti pieni di buone intenzioni ci siamo lasciati troppo intimorire dalla lobby delle armi. Ci siamo rassegnati alla sconfitta quasi totale, accettando la retorica dell’Nra e la mitologica sacralità del “diritto alle armi”. Per questo parliamo di possessori di armi “responsabili”, di leggi sulle armi da fuoco basate sul “buon senso”, di rispetto per il secondo emendamento e diciamo che “non vogliamo togliere le armi a nessuno”.
Per politici progressisti come Bernie Sanders e Kirsten Gillibrand assecondare l’Nra un tempo non era solo considerato una necessità politica ma anche un modo di dimostrare rispetto per i valori degli elettori bianchi delle zone rurali. Nel frattempo a chi difende il diritto di portare armi da fuoco non sembra interessare quanti morti (circa 35mila) e feriti (più di 81mila) causano ogni anno. E nemmeno quante possibilità in più ci sono di morire o di uccidere un’altra persona se si possiedono armi da fuoco. O ancora che ogni giorno almeno una donna viene uccisa dal partner o ex partner con un’arma da fuoco. Qualche giorno fa la segretaria all’istruzione Betsy DeVos ha sostenuto che l’ipotesi di armare gli insegnanti è “un’opzione”. I commenti della stampa non aiutano. Sui mezzi d’informazione tradizionali sostenere tesi da bastian contrario favorisce la carriera. Alcuni anni fa la giornalista libertaria Megan McArdle, in un articolo sul Daily Beast, ha scritto che non c’era molto da fare contro le armi e che bisognava insegnare ai ragazzi a placcare gli attentatori: “Queste stragi farebbero meno morti, perché perfino una persona con un’arma molto potente può essere buttata a terra da otto o dodici persone disarmate che le si buttano addosso”. A McArdle, tra l’altro, è stata appena affidata una rubrica sul Washington Post.
Ross Douthat sul New York Times, dopo il massacro di Parkland, ha spiegato perché le armi dovrebbero essere legali e l’aborto vietato. Ha sostenuto anche l’idea della destra secondo cui le armi ci permetterebbero di resistere allo stato quando questo “s’impone in maniera illegittima”, e ha proposto di contrastare la violenza provocata dalle armi aumentando a trent’anni l’età minima per comprare dei fucili semiautomatici. Come se il sessantaquattrenne Stephen Paddock non avesse ucciso 58 persone a Las Vegas meno di cinque mesi fa. Smettiamola con queste follie. E facciamola finita con gli opinionisti intelligenti, i politici prudenti e i cittadini disfattisti. Non c’è nessun motivo per cui qualcuno di qualsiasi età debba possedere un fucile semiautomatico. Forse non dovrei dirlo, perché sembra che noi progressisti dovremmo essere interessati solo a conquistare la classe lavoratrice bianca che indossa cappellini con la scritta “Make America great again”. Ma per me non esiste alcun diritto a possedere un’arma da fuoco. Quindi partecipate alle marce per il controllo delle armi e portate i vostri amici. Seguite i soldi, quelli dell’Nra, e cercate di far eleggere candidati contrari alle armi. Gli studenti di Douglas hanno cambiato il dibattito. Servirà la partecipazione di molti di noi per tenere viva la loro battaglia.
KATHA POLLITT è una giornalista e femminista statunitense. Il suo ultimo libro è Pro: reclaiming abortion rights (Picador 2014).