Corriere Salute 25.3.18
Nei ragazzi è più facile sbagliare diagnosi
di D.d.D.
Anche
bambini e adolescenti sono colpiti dal disturbo bipolare, con possibili
effetti su sviluppo e funzionamento psicosociale. Ne soffrono circa il 2
per cento dei ragazzi, sia nella forma 1 sia nella forma 2 del
disturbo.
«Nell’adulto il tempo medio per arrivare a una diagnosi è
di due anni, ma nei ragazzi si dilata, producendo effetti deleteri»
dice il professor Claudio Mencacci. «Le manifestazioni sono lievemente
diverse rispetto alla forma adulta, con prevalenza di irritabilità
rispetto alla classica euforia, e con meno pause libere tra gli episodi.
Il frequente abuso di alcol e sostanze, a cui sono più esposti gli
adolescenti, diventa un ulteriore fenomeno confondente. A volte i
sintomi della fase maniacale si accompagnano a disturbi del pensiero o
della percezione spingendo a formulare diagnosi di tipo schizofrenico,
che ritardano l’inizio di trattamenti appropriati. In altre occasioni le
fasi depressive sono trascurate o trattate con antidepressivi non
adeguatamente monitorati, con un peggioramento delle condizioni
cliniche».
Se è vero che gli episodi di disturbo bipolare
giovanile tendono, come quelli dell’adulto, a risolversi, le crisi
possono ripresentarsi. Boris Birmaher del Department of Psychiatry
dell’University of Pittsburgh Medical Center, ha condotto uno studio
pubblicato sull’ American Journal of Psychiatry , dopo aver seguito
ragazzi bipolari per oltre cinque anni. Lo studio ha mostrato che il 25
per cento di loro è rimasto con un normale tono dell’umore per la quasi
totalità del tempo di osservazione, mentre il 35 per cento non ha avuto
sbalzi per quasi la metà del tempo di osservazione; infine, il 19 per
cento ha avuto un umore normale per il 43 per cento del tempo di
osservazione e il 22 per cento ha mostrato la situazione peggiore, con
solo il 12 per cento del tempo di osservazione durante il quale il tono
dell’umore era normale.
Altri studi, come quello condotto da
Barbara Geller, del Department of Psychiatry della Washington University
di Saint Louis, e pubblicato sugli Archives of General Psychiatry ,
indicano che tra ragazzi che avevano sofferto di disturbo bipolare già
attorno agli 11 anni, una volta giunti ai 18 o poco oltre, la
percentuale di chi aveva sofferto di altri episodi era del 44 per cento,
e quella di chi aveva fatto uso di sostanze del 35 per cento.
La
cura del disturbo bipolare in età pediatrica e giovanile si avvale degli
stessi strumenti a disposizione per l’adulto. Ci sono maggiori
difficoltà nel far accettare modifiche degli stili di vita necessarie
alla stabilizzazione clinica. Ad esempio è difficile motivare un
adolescente, abituato a frequentare le discoteche, a mantenere un buon
ciclo sonno-veglia con almeno otto ore di sonno per notte. Ancor più
importante, rispetto all’adulto, sono il sostegno, volto ad aiutare il
ragazzo ad accettare la presenza della patologia nella propria storia e a
tollerare la regolare assunzione dei farmaci, oltre a interventi
informativo-educativi sui familiari. Il disturbo insorto in adolescenza o
in età pediatrica mantiene le caratteristiche nel corso del tempo. Il
ragazzo deve restare sotto osservazione specialistica per lungo tempo al
fine di ottenere una stabilizzazione clinica prolungata, prima di
sperimentare una riduzione e poi sospensione dei trattamenti. Lo
psichiatra deve valutare attentamente gli effetti indesiderati associati
alle varie molecole, prima di operare una scelta. Perciò l’utilizzo di
antipsicotici atipici di seconda generazione, con limitati effetti
sedativi e sul peso, sono una valida alternativa ai trattamenti con sali
di litio»