Corriere 6.3.18
La grande fuga dai dem: un quinto a casa, 14% a M5S (che piace ai «debuttanti»)
di Nando Pagnoncelli
Dentro un centrodestra «granitico» si espande nettamente la Lega
Il Movimento si conferma trasversale pescando consensi un po’ ovunque
I
risultati del voto ci consegnano un Paese profondamente trasformato. La
vittoria è alla fine arrisa al centrodestra, definitivamente a trazione
leghista, e al Movimento 5 Stelle. Drammatico invece l’arretramento del
Partito democratico, arretramento che, per quanto annunciato, è
avvenuto in misura superiore alle previsioni. E in generale si tratta di
un arretramento nemmeno parzialmente compensato dai risultati della
lista +Europa. Fallito anche il progetto di Leu, formazione fermatasi ad
un risultato di poco superiore alla soglia di sbarramento.
Complessivamente presa, la sinistra manifesta anche in Italia la crisi
che già è emersa in diversi Paesi europei.
Ma quali sono le
ragioni di questa ridislocazione dell’elettorato? Per cercare qualche
spiegazione è utile partire dai flussi di voto dal 2013 a oggi. Si
tratta di flussi ricostruiti a partire dai sondaggi, su una base di
circa 16.000 interviste condotte nel mese precedente il voto e
riponderate sui risultati reali.
Il primo elemento, molto
evidente, è la disaffezione di una parte importante dell’elettorato pd.
Infatti oltre un quinto degli elettori della coalizione Bersani 2013 ha
deciso di astenersi. Si tratta di un dato già annunciato dai sondaggi:
era evidente che una quota importante di elettori pd del 2013,
fortemente indecisi (basti pensare che rappresentavano il segmento più
rilevante tra gli incerti della vigilia), era in attesa di un segnale da
parte del segretario del partito. Un ritorno al «noi», uno sguardo
rivolto al futuro rispetto alla ripetuta rievocazione delle misure
adottate dal suo esecutivo, un’investitura del presidente del consiglio
Gentiloni. Tutto questo non è avvenuto o è avvenuto in misura
insufficiente rispetto alle attese. Da qui la decisione di astenersi.
Accanto a ciò vi sono flussi consistenti verso i pentastellati (votati
dal 14% circa degli elettori di centrosinistra del 2013) e in misura
minore verso Leu (7%). Quindi meno della metà degli elettori di area
vota Pd e solo poco più della metà torna a votare la coalizione. Una
vera fuga, solo in parte compensata dagli ingressi, provenienti
principalmente da chi nella tornata precedente aveva votato per forze
centriste.
Viceversa gli elettori di centrodestra sono granitici:
galvanizzati dal pronostico di una vittoria, quasi tutti tornano al voto
e all’incirca il 90% conferma la propria predilezione per la
coalizione, accentuando però nettamente le preferenze per la Lega. Pochi
i punti di fuga, quasi esclusivamente verso il Movimento 5 Stelle
(circa 8%). La Lega evidenzia una capacità espansiva importante,
recuperando voti da chi nel 2013 si era astenuto, ma anche dagli
elettori M5S e centristi.
Molto solidi anche gli elettori
pentastellati: oltre tre quarti confermano il proprio voto tra una
tornata e l’altra, con scarsissime dispersioni, le principali delle
quali sono verso l’astensione (circa il 9%) e la Lega (circa il 6%).
Dall’altro lato l’attrattività del Movimento è molto elevata: il 14%
degli elettori di centrosinistra, il 13% degli elettori centristi, oltre
il 20% degli elettori delle piccole liste convergono su questa
formazione, che conferma una elevata trasversalità.
È interessante
osservare cosa avviene tra gli elettori al primo voto. Qui si trovava,
nelle nostre ricerche pre-elettorali, un orientamento importante verso
il Movimento 5 Stelle, ma anche una presenza rilevante di consensi verso
il Pd, veicolati in particolare dagli studenti. Infine, una discreta
attenzione verso la Lega. Alla fine anche qui per il Pd ha prevalso
l’allontanamento: una quota non trascurabile infatti si è astenuta,
riducendo il consenso per questa formazione ai livelli della Lega (poco
oltre il 10%), mentre si è confermata anche qui la capacità attrattiva
del Movimento.
La forza «grillina» tra gli statali
Gli
elettori pd perdono molte delle loro classiche connotazioni, mantenendo
solo una presenza importante nelle classi di età più elevate e tra i
pensionati. Il primato di un tempo tra ceti medi e laureati è oramai in
gran parte eroso. Fortemente caratterizzata in questo senso invece la
lista Bonino, che tra studenti, laureati, ceti elevati e ceti medi
ottiene i risultati migliori. Si conferma quindi che questa lista è
stata la scelta effettuata da chi era scontento del Pd, ma la misura del
suo consenso è rimasta abbondantemente al di sotto delle potenzialità,
proprio perché una parte significativa di questo elettorato ha preferito
astenersi.
Nel centrodestra la Lega massimizza i propri consensi
tra i lavoratori autonomi e gli operai, ma ottiene consensi rilevanti
tra le casalinghe. È come se avesse fatto proprio il nerbo del voto per
Forza Italia che oggi appare assai meno caratterizzata, salvo un picco
tra i disoccupati, attratti dalle promesse berlusconiane.
Un consenso uniforme
Il
Movimento 5 Stelle risulta molto trasversale: si possono soprattutto
sottolineare i segmenti che lo votano un po’ meno (simili a quelli che
votano un po’ di più Pd: età elevate, laureati, pensionati), ma non ci
sono picchi particolari di consenso. Segno di una formazione capace di
penetrare nel corpo vivo dell’elettorato. Unica eccezione i dipendenti
pubblici, dove il Movimento è fortemente presente. Un tempo bacino di
voti per il centrosinistra, costoro sembrano essersi definitivamente
spostati.
Infine Liberi e uguali evidenzia un consenso un po’
superiore di nuovo nei segmenti che appaiono essere critici verso il Pd:
ceti medi, studenti, laureati. Ma, come per +Euro pa, la sua capacità
attrattiva non è stata sufficiente per battere la spinta all’astensione
più volte evidenziata in quest’area.
Infine il dato territoriale
merita solo un rapido commento nella sua cristallina evidenza. Il Nord
al centrodestra, in maniera massiccia. Solo il Trentino e in parte
Milano e Torino si comportano diversamente. Nel Centro Nord, le vecchie
regioni «rosse» lo sono oramai sempre meno. I collegi maggioritari
rimasti a quest’area sono pochi e non sufficienti a far parlare di una
terza Italia. Marche e Umbria scompaiono, fagocitate da centrodestra e 5
Stelle. Il Sud con poche eccezioni è patrimonio del Movimento. Qui
nessun collegio al centrosinistra.
È un cambiamento profondo.
Forse anche perché le previsioni erano comunque di ingovernabilità,
molti elettori hanno votato esprimendo il loro disagio. Raccogliere
questo disagio e trasformarlo in progetto di governo non sarà semplice. I
giochi riman gono comunque tutti aperti.