Corriere 2.3.18
Il grande albero dell’umanità
La genealogia di 5 secoli (e 13 milioni di persone) è la più ampia mai ricostruita
Lo studio grazie al Dna
di Anna Meldolesi
Antenati,
che passione. Dopo un periodo di disaffezione generale per radici e
legami familiari, è tornata di moda la genealogia ed è diventata
digitale. Raccogliendo informazioni dai cimeli conservati in soffitta e
dalla voce dei parenti più anziani, difficilmente si risale molto
indietro nel tempo. Senza contare il fatto che gli alberi genealogici
fai-da-te sono pieni di buchi. Per rimediare si possono consultare i
registri ecclesiastici e i vecchi annunci funebri pubblicati sui
giornali, ma si tratta di procedimenti laboriosi. Per fortuna oggi
disponiamo di social media specializzati, in cui frotte di genealogisti
amatoriali condividono la propria storia familiare, e possiamo sfruttare
la computer science per ripulire e organizzare i dati. È proprio così
che è stato ricostruito l’albero genealogico più grande del mondo,
presentato oggi su Science .
A saperlo leggere, è capace di
raccontare la storia di tredici milioni di donne e uomini vissuti negli
Stati Uniti e in Europa, Italia compresa. Si tratta di un’unica enorme
famiglia, più numerosa della popolazione della Lombardia. Al di là
dell’exploit tecnico e delle cifre da record, è emozionante pensare di
avere davanti agli occhi un compendio di tante vite, scandite da
nascite, amori, migrazioni, tragedie.
Dietro alla fredda eleganza
dei grafi, con tutte quelle linee colorate, ci sono miriadi di intrecci
umani che coprono la bellezza di undici generazioni. Tutti insieme
rappresentano un viaggio di 500 anni nel tempo e nello spazio. Dalle
caravelle di Colombo alla rivoluzione industriale, dalla Guerra civile
americana ai due conflitti mondiali.
L’autore principale dello
studio è Yaniv Erlich, specialista di scienze informatiche alla Columbia
University e direttore scientifico della società che gestisce il sito
web Geni.com. Proprio questo database, che si fonda sulla condivisione
volontaria di dati, è servito a scaricare 86 milioni di profili
pubblici. Ne sono scaturiti alcuni alberi più piccoli e il mega albero
da tredici milioni di persone. Per riunirli tutti in uno, arrivando
all’ultimo antenato comune, bisognerebbe retrocedere di altre 65
generazioni.
Le vicissitudini delle persone riflettono i
cambiamenti sociali e le trasformazioni economiche, oltre ai rispettivi
bagagli genetici. Dall’analisi dei ricercatori emerge, ad esempio, che
la recente tendenza a sposarsi poco tra parenti stretti è legata a
questioni culturali, più che alla maggiore facilità degli spostamenti.
È
curioso scoprire, comunque, che prima del 1750 la maggior parte degli
americani trovava una sposa nel raggio di dieci chilometri dal luogo
natale, mentre la distanza si è estesa a cento chilometri per i nati nel
1950. «Incontrare l’amore della vita è diventato più difficile», ha
commentato Erlich scherzando. Prima del 1850 erano comuni le nozze tra
cugini di quarto grado, mentre oggi di solito si arriva al settimo. È
interessante notare che le donne negli ultimi 300 anni si sono spostate
più degli uomini, anche se i maschi, quando emigravano, si spingevano
molto più lontano.
I ricercatori hanno colto l’occasione anche per
fare qualche calcolo di tipo genetico, confrontando la durata della
vita e i gradi di parentela. La loro conclusione è che i geni
contribuiscono solo per il 16% alla variazione della longevità
osservata, mentre stime precedenti ipotizzavano un peso ben maggiore.
Ereditare un buon dna, secondo gli ultimi calcoli, in media
prolungherebbe il nostro soggiorno sulla Terra di circa cinque anni. Non
molto, se si pensa che basta fumare per perderne dieci.