martedì 27 marzo 2018

Corriere 27.3.18
Pahor, candidato a 104 anni «Comizi? Se lo chiedono...»
Lo scrittore sarà in lista alle Regionali del Friuli-Venezia Giulia
di Marisa Fumagalli


Ultracentenario, candidato alle regionali del Friuli-Venezia Giulia. Boris Pahor, scrittore triestino-sloveno, per la precisione è nato il 26 agosto 1913. Autore di romanzi e saggi (più volte proposto per il Nobel), il suo nome oggi figura nella lista Slovenska Skupnost (Unione Slovena), che appoggia il Partito democratico. «Credo che non verrò eletto — dice — ma, nel caso, passerò la mano. A parte la mia età avanzata, non sono un politico. Il mio posto è davanti alla macchina per scrivere. Ciò che mi preme è dare testimonianza a favore dell’identità slovena, calpestata dalla Storia. Realtà non abbastanza conosciuta in Italia. Sottaciuta perfino».
Come nasce la proposta di questa candidatura?
«Non è la prima volta. La quinta, se non vado errato. Mai eletto, comunque. Minoranza nella minoranza. Nel 2009, per esempio, mi presentai come candidato sloveno con la Sudtiroler Volkspartei . A ogni modo, tempo fa è venuto a casa mia Igor Gabrovec, attuale vicepresidente del Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia, e mi ha chiesto di entrare in lista. Ovviamente, ho accettato».
Sarebbe disposto anche a partecipare a incontri pubblici? Un tempo si chiamavano comizi.
«Ribadisco, non sono un politico, ma se mi proponessero di andare a fare qualche conferenza in giro per la Regione, non direi di no. Certo, dovrei sentirmi in forma. In questo momento lo sono. D’altra parte, la mia attività di conferenziere è consolidata. Sapesse quante scuole ho girato. Almeno i giovani devono conoscere la Storia. Vera. Io gliela racconto».
Quali fatti, in particolare?
«Ascolti: il mio libro più famoso è Necropoli . Dentro, c’è l’atroce esperienza vissuta nei campi di concentramento nazisti. Ma la repressione, anche per noi sloveni, non fu solo di marca hitleriana. Cominciò con il Fascismo negli anni Venti del ’900. Nel 1926, verso di noi, le leggi di Mussolini diventarono particolarmente aggressive. Ma in Italia l’argomento, a quanto pare, è tabù. Nei miei ricordi, c’è una data cruciale, il 13 luglio 1920, quando, bambino, a Trieste vidi bruciare per opera dei fascisti il Narodni Dom, la Casa del popolo sloveno».
Dunque, lei si presenta con l’Unione Slovena, partito attivo dalle elezioni politiche del 1963, d’ispirazione cristiano-sociale. Ma Boris Pahor, non è credente.
«È vero, non sono credente, e lo sottolineo. Politicamente, oggi potrei definirmi un socialdemocratico. Le mie idee maturarono quando, lasciato il lager, finii in un sanatorio a Parigi in cura per la tubercolosi. A quell’epoca, lessi molti saggi sul Comunismo, ma fra il filocomunismo di Sartre e le idee di Camus, che dal comunismo si staccò, optai per le seconde. L’impegno civile di Camus, non prono alle ideologie, è un esempio. Chiarito ciò, appoggio volentieri lo Slovenska Skupnost per la sua linea di difesa delle minoranze. E mi sta bene appoggi il Pd».
Quindi è un elettore del Partito democratico.
«Sì. E meno male che, alle elezioni del 4 marzo, pur avendo il Pd perso voti, la mia amica Tatjana Rojc, scrittrice, traduttrice, è stata eletta in Senato come indipendente. La legge italiana dovrebbe comunque garantire che in Parlamento le minoranze siano rappresentate».