Corriere 25.3.18
Camusso e il populismo della spesa
di Dario Di Vico
Non
vi illudete che il ciclo populista possa terminare a breve e che il
risentimento degli elettori possa essere riassorbito altrettanto in
fretta. Parlando con la consueta franchezza la leader della Cgil Susanna
Camusso ha voluto attirare l’attenzione della platea del forum
Confcommercio di Cernobbio e, a modo suo, è intervenuta nel dibattito
sulle conseguenze che il voto del 4 marzo, e l’avanzata delle forze che
si rivolgono direttamente al «popolo», avranno sui corpi intermedi.
Applicando il motto repetita iuvant Camusso subito dopo ha ammonito la
rappresentanza dei commercianti a non coltivare l’idea di poter
affrontare quest’emergenza con un piccolo lobbismo «separato» e teso a
influenzare la distribuzione delle risorse. È necessario, invece,
elaborare idee che superino la contingenza e muoversi con un’ottica
comune delle parti sociali. Se non si opera questo salto di qualità è
inevitabile che la domanda sociale, alimentata dalle crescenti
disuguaglianze, finisca per essere egemonizzata dalle sirene della spesa
pubblica e in particolare del reddito di cittadinanza.
Il
richiamo di Camusso alla progettazione sociale e la messa in mora della
cultura del deficit spending non possono che essere apprezzati, più
complessa appare però l’opera di reductio ad unum delle proposte e delle
visioni. La Cgil continua a considerare il Jobs act e la legge Fornero
come «l’origine della rottura sociale», mentre la stragrande maggioranza
delle organizzazioni di rappresentanza le considera riforme da cui non
si deve derogare. Allora per evitare di riprodurre in fotocopia le
divisioni del recente passato forse l’unica strada è quella di partire
dall’economia reale e costruire un’analisi condivisa dei cambiamenti del
Paese e degli smottamenti della società. Studiare male non fa.