domenica 25 marzo 2018

Corriere 25.3.18
Ora si profila un ritorno alla centralità del Parlamento
di Massimo Franco

L a prima impressione è che, nonostante una pesante ombra di precarietà sulla legislatura, il Parlamento possa diventare strategico; e che il Movimento 5 Stelle voglia essere un inedito protettore delle istituzioni. Il presidente neoeletto alla Camera, Roberto Fico, ha subito tolto i riferimenti al M5S dal profilo su twitter, chiedendo che il potere legislativo «torni centrale». Pesa l’orgoglio di essere la prima forza; e di sapere che potrà esercitarla più alla Camera e, in misura minore, al Senato, che dentro il governo.
Avere la terza carica dello Stato e avere contribuito all’elezione della seconda segnano una piena legittimazione. Le trattative per formare l’esecutivo, però, difficilmente ricalcheranno il metodo utilizzato per le Camere: sebbene la nuova presidente del Senato, la berlusconiana Elisabetta Alberti Casellati, consideri quanto è avvenuto ieri un precedente da non sciupare. «È una cosa gradevolissima l’apertura del M5S», ha detto. «Può essere un elemento di pacificazione e un presupposto anche per la formazione del nuovo governo».
Significherebbe una maggioranza atipica centrodestra-M5S: soluzione da spiegare in primo luogo ai propri elettori. Passerebbe per un’intesa difficile su chi debba essere il premier: se Luigi Di Maio, Matteo Salvini o una terza persona accettata da forze molto diverse. In più, sulla soluzione influisce la diffidenza vistosa di Berlusconi verso il leader leghista. Nessuno crede che la frattura nel centrodestra si sia ricomposta davvero. E non è chiaro come potranno evolversi i rapporti con un M5S che finora si è rifiutato di parlare con «il condannato Berlusconi».
Eppure, a meno di un’intesa tra Di Maio e Salvini, una partecipazione di FI sarebbe inevitabile. Per come si è mosso finora, a essere tagliato fuori dai giochi rimarrebbe il solo Pd, oscillante tra un atteggiamento impermalito che lo inchioda all’opposizione, e la voglia di avere un ruolo nei nuovi rapporti di potere. C’è una vistosa distanza tra i dem che puntano a dialogare con Di Maio, e quanti additano un patto «Grillusconi», crasi polemica del patto tra Beppe Grillo e Berlusconi. Dovrebbe far dimenticare il «Renzusconi» del segretario dimissionario Matteo Renzi, mediato da Denis Verdini.
Nell’incertezza, il Parlamento è destinato dunque a diventare il motore di leggi contraddittorie tra loro, sulle quali Lega e M5S hanno però calamitato milioni di elettori. Si vedrà quanto peserà l’inesperienza di molti eletti; e che dialettica stabilirà con un governo che dovrà considerare non solo il risultato del 4 marzo, ma l’esigenza di rassicurare un’Europa inquieta: nelle cancellerie ci si chiede quale sarà l’impatto dei «populisti» italiani sul Parlamento europeo, da rinnovare a maggio del 2019.