Corriere 2.3.18
La Cattolica e Severino verso la pace Omaggio al filosofo che fu cacciato
Due giorni di convegno a sessant’anni dall’uscita della «Struttura originaria», pilastro del suo pensiero
di Daniela Monti
«Ma
caro professore, chi vuole che le capisca queste cose?». Sessant’anni
fa, all’uscita per l’editrice La Scuola della Struttura originaria — il
terreno su cui tutti gli scritti di Emanuele Severino ricevono il senso
che è loro proprio, come scrisse il filosofo nell’introduzione
all’edizione Adelphi del 1981 — monsignor Francesco Olgiati, cofondatore
dell’Università Cattolica e referente di Agostino Gemelli per le
questioni filosofiche, se ne uscì con quella frase detta con aria
«complice e sorniona» (lo scrive Severino nell’autobiografia Il mio
ricordo degli eterni , Rizzoli), a metà fra la rassicurazione e la presa
d’atto dell’estrema complessità, densità e insieme esplosività del
testo. Una montagna durissima da scalare confermerà, anni dopo, Angelo
Scola: «Mi sono spaccato la testa sulla Struttura originaria . In
Cattolica giravamo con il libro in mano, ci trovavamo in 4 o 5 a
leggerlo. Un’esperienza che ci ha insegnato a ragionare, ma costata una
tremenda fatica».
Il testo-impalcatura del pensiero di Severino e
il dialogo con la Chiesa, interrotto con l’allontanamento del filosofo
dalla Cattolica nel 1970: sono i due temi centrali del convegno che oggi
e domani a Brescia, la città di Severino, porterà settanta relatori a
confrontarsi sul percorso speculativo del filosofo — in nuce l’atto di
fondazione di una vera «scuola severiniana» — declinando, ciascuno
attraverso la maturazione del proprio pensiero, il tema dell’eternità a
partire dalla Struttura originaria , vale a dire il testo che tenta di
«esprimere nel modo più determinato e concreto — è ancora Severino a
parlare — l’inconscio che sta alle spalle della stessa struttura
inconscia dell’Occidente».
Per il filosofo sarà la rentrée in
quella Cattolica dove si consumò il processo della Chiesa ai suoi
scritti. «Severino critica alla radice la concezione della trascendenza
di Dio e i capisaldi del cristianesimo come forse finora nessun ateismo
ed eresia hanno mai fatto», aveva scritto padre Cornelio Fabro, nel voto
che portò all’espulsione del giovane professore. Il rientro «fisico» di
Severino in Cattolica — allontanato da Milano, torna da protagonista
nell’Aula magna dell’università bresciana, nel confronto con Biagio De
Giovanni che chiude la giornata di oggi — appare dunque molto più che il
risultato di una scelta logistico-organizzativa: è piuttosto il segno
di una distensione, un deporre le armi. «La chiesa cattolica, dobbiamo
finalmente dirlo, comincia a testimoniare che il cosiddetto processo che
ha subìto Severino non è l’ultima parola sul suo pensiero», dice Ines
Testoni, ideatrice del convegno accanto a Vincenzo Milanesi e Giulio
Goggi. Già negli Studi di filosofia della prassi , pubblicati nel 1961,
la tesi centrale del lavoro di Severino è che, se il contenuto della
fede cristiana ha la possibilità di essere il volto concreto della
verità — ossia dell’incontrovertibile — proprio per questo ha anche la
possibilità di essere la «perdizione più irreparabile» della verità. La
fede, e quindi anche la fede cristiana, veniva dunque mostrata come
contraddizione. Con gli scritti successivi il fossato si è allargato.
Ora la «radicale incompatibilità», sancita nel 1970, sembra mostrare
segni di cedimento, aprendo un nuovo possibile orizzonte teoretico. «È
diventato evidente che quel processo è storicamente datato», riprende
Testoni, che racconta di aver scritto a papa Francesco chiedendo di
«togliere gli effetti della condanna».
Molti fra i nomi dei
partecipanti al congresso — da Giuseppe Barzaghi a Leonardo Messinese,
Michele Lenoci, il prorettore della Cattolica Mario Taccolini e il
preside Massimo Marassi — «stanno già dimostrando che è possibile
partire dal testo severiano per rileggere il messaggio cristiano»,
continua Testoni, sottraendolo alla persuasione nichilista, mutuata
dalla filosofia greca, che il mondo, in quanto creato, esca dal nulla e
vi ritorni e che le cose del mondo sono a loro volta oscillazione fra
l’essere e il nulla.
L’Aula magna della Statale (fra le figure
chiave del convegno il rettore Maurizio Tira) e Palazzo della Loggia le
altre location dei lavori. Per la giovane Associazione di studi Emanuele
Severino, «All’alba dell’eternità, i primi sessant’anni della Struttura
originaria» è una prova di maturità: l’obiettivo è organizzare ogni
anno un convegno internazionale partendo dai testi severiniani (per il
2019 il tema proposto è destino, verità e religione).
Brescia, per
la prima volta, si candida a un posto centrale nella discussione
filosofica contemporanea. «La città — conclude Testoni — finalmente si è
destata, l’impegno della politica, a partire dal sindaco Emilio Del
Bono, di dare luce al suo filosofo ora c’è e fa la differenza». Il
ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda interverrà su tecnica e
capitalismo. A chiudere sarà il confronto fra Severino e Graham Priest,
il grande logico, che ha avviato con il professore un dialogo teoretico
su logica e contraddizione.