Corriere 15.3.17
Il flop costa al Pd 19 milioni. Sede del Nazareno a rischio
di Claudio Bozza
Con gli eletti più che dimezzati crollano i contributi al partito
Milano
Il crollo dei voti alle elezioni, oltre che la leadership al segretario
Matteo Renzi, costerà al Pd 19 milioni. È questo, calcolatrice alla
mano, il mancato incasso nel forziere del Nazareno per la legislatura
che sta per iniziare, la prima con l’azzeramento dei rimborsi elettorali
dallo Stato. Ogni parlamentare eletto, come impone lo statuto del Pd,
ogni mese deve versare al partito un contributo di 1.500 euro. Il Pd
chiude questa legislatura con 378 tra deputati e senatori, i cui
contributi, moltiplicati per i cinque anni della legislatura, hanno
superato i 34 milioni. La batosta del 4 marzo, però, ha fatto
precipitare il numero degli eletti a 165, con una proiezione sui 5 anni
di circa 14,8 milioni di contributi. Il Pd non potrà quindi contare su
un sostegno di ben 19 milioni.
Così, oltre alla profonda crisi
politica, i traghettatori del post Renzi stanno per far scattare una
nuova raffica di tagli. E il primo passo, in autunno, potrebbe essere
l’addio alla sede del Nazareno: l’affitto da mezzo milione di euro
dell’immobile da tremila metri quadri in via Sant’Andrea delle Fratte
non è più sostenibile. Il Palazzo del Collegio del Nazareno, costruzione
del Seicento che ospitava la più antica scuola di Roma, è la casa del
Pd dal 2009, cioè da quando Dario Franceschini prese le redini del
partito, perché il loft affacciato sul Circo Massimo e scelto da
Veltroni era troppo scomodo rispetto ai palazzi del potere.
Oltre
alla ricerca di una sede con affitto più economico, sempre in autunno
scadrà la cassa integrazione a rotazione per i 180 dipendenti. Il
tesoriere Francesco Bonifazi dovrebbe sì riuscire a chiudere il bilancio
2017 con un attivo di circa un milione e mezzo (nel 2016 il rosso fu di
9,5 milioni, anche a causa della campagna monstre per il Sì al
referendum), ma sempre con quell’orizzonte dei 19 milioni in meno di
«incasso», seppur potendo contare su circa 6,5 milioni in arrivo dal 2
per mille, il partito dovrà affrontare una radicale riduzione del
personale. E per rimettere i conti strutturalmente in pari, per i
commercialisti, il numero dei dipendenti dovrebbe essere quasi
dimezzato.
La dieta imposta dalla sconfitta cambierà anche gli
assetti dei gruppi parlamentari. Alla Camera il Pd aveva 135 dipendenti
tra giornalisti, funzionari e segretari, che a fine legislatura per
prassi escono con il licenziamento collettivo. Di questi potrà
riassumerne una settantina o poco più, perché il contributo che la
Camera assegna ai gruppi è di 49 mila euro a deputato e dunque il
«tesoro» che tocca alle forze politiche è proporzionale al numero di
eletti. Il pattuglione dem ha perso oltre 180 deputati rispetto al 2013,
che in soldoni sono 8,5 milioni di euro in meno. E lo stesso doloroso
calcolo, che mette in gioco la metà dei posti di lavoro, va fatto per il
Senato.
Ieri, intanto, sono partiti i decreti ingiuntivi da parte
del tesoriere Bonifazi, che, tra i morosi del Pd e gli scissionisti
passati a Leu, dovrebbe recuperare tramite il tribunale oltre un milione
e mezzo. Tra i destinatari della richiesta c’è anche Pietro Grasso, che
deve al Pd circa 85 mila euro: «Per lui abbiamo pensato a una
rateizzazione: 15 rate da 4.162,50 euro e la maxirata finale da
20.812,50 euro — scrive sarcastico Bonifazi sui social —. Un’offerta
imperdibile».
Intanto, languono anche i conti della Fondazione
Open: nel forziere e braccio operativo di Renzi i contributi si sono
ridotti al lumicino rispetto a quando i finanziatori più importanti
staccavano assegni anche da 100 mila euro a volta.