Repubblica 23.2.18
“Vaticano opaco sui preti pedofili” l’ultimo addio al pool anti abusi
Scontro sull’obbligatorietà della denuncia alle autorità civili, si dimette la psichiatra francese Bonnet
di Paolo Rodari
CITTÀ
DEL VATICANO Parla per la prima volta la psichiatra infantile francese
Catherine Bonnet, specialista in violenze sessuali contro i minori. E
svela che, nel giugno scorso, ha preso in via riservata una decisione
clamorosa: dopo le ex vittime Peter Saunders e Marie Collins, si è
dimessa anche lei dalla Commissione pontificia per la tutela dei minori.
Il motivo è semplice. A suo dire in Vaticano la lotta contro gli abusi
sessuali non è considerata prioritaria. Insieme, ha trovato frustrante
sottostare alle procedure e ai limiti di un gruppo, che, a conti fatti,
non è riuscito a perseguire gli intenti dichiarati.
Il Papa nei
giorni scorsi ha rinnovato la Commissione. I nomi delle ex vittime
appartenenti sono stati questa volta tenuti secretati sia per tutelare i
diretti interessati sia, probabilmente, per evitare che le difficoltà
riscontrate in questi primi quattro anni di lavoro ( la Commissione
venne istituita il 22 marzo del 2014) trovino con troppa facilità la
ribalta dei media.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso, e
che ha portato Bonnet alle dimissioni, riguarda il dibattito
sull’opportunità dell’obbligatorietà della denuncia dei sospettati
presso le autorità civili e i loro tribunali. «Ho sostenuto — racconta —
che i vescovi e i superiori degli ordini religiosi debbano segnalare i
sospetti di abusi sessuali sui minori alle autorità civili, come già
avviene negli Stati Uniti membri del clero inclusi » . Tuttavia, «
quando a giugno mi sono resa conto che non avrei potuto convincere i due
terzi dei commissari, ho scritto la mia lettera di dimissioni. Ho
chiesto al cardinale Sean O’Malley ( che guida la Commissione, ndr) di
trasmetterle al Papa che le ha accettate».
L’obbligo di denuncia è
un tema dolente per la Chiesa. La Santa Sede chiede che si rispetti la
legislazione vigente nei rispettivi Paesi. In Italia, ad esempio,
l’obbligo non c’è, altrove sì. Alcuni esponenti delle gerarchie hanno
dichiarato più volte che l’obbligo fosse doveroso. Così anche l’ex
prefetto della Dottrina della fede, il cardinale Gerhard Ludwig Müller, a
Repubblica: « Se un vescovo viene a sapere con certezza morale del
verificarsi di alcuni casi di abuso su minori nella sua diocesi, deve
dire alle vittime o ai genitori delle vittime di denunciare all’autorità
competente quanto accaduto e, insieme, deve obbligare l’accusato ad
auto denunciarsi », disse.
Ma ancora, evidentemente, non tutti
sono convinti di ciò. Dice Bonnet: « Quando la legge obbliga le persone a
denunciare, è più facile perseguire coloro che tacciono e che con il
loro silenzio impediscono alle vittime di ricostruire e sperare nella
giustizia».
Secondo Bonnet l’obbligo di denuncia completerebbe il
Motu proprio del Papa “ Come una madre amorevole”. Il testo, infatti,
solleva l’idea che su ogni vescovo o altra persona religiosa accusata di
« negligenza » in merito agli abusi si possa aprire un’indagine presso
la Dottrina della fede. E una denuncia anche presso le autorità civili,
in sostanza, chiuderebbe il cerchio.
Altro punto dolente riguarda
il segreto pontificio sui religiosi indagati di abusi presso la stessa
Dottrina della fede. Fu anche a motivo dell’esistenza di questo segreto
che Marie Collins decise di dimettersi. Spiega Bonnet: «Al momento le
vittime non hanno accesso agli elementi della procedura». E ancora: «
Quando inviano lettere, noi non rispondiamo. Collins ha trovato questo
punto particolarmente insopportabile. La nostra Commissione aveva votato
a maggioranza una proposta che chiedeva al Papa di autorizzare la
rimozione di questo segreto » . Ma « il Papa non ha dato risposta. Anche
se spero che su questo punto la nuova Commissione faccia progressi».
Un
altro problema, spiega ancora Bonnet, è stato il fatto che il Papa «
non è mai venuto alle nostre riunioni interne » . Dice: « Ci siamo
incontrati solo due volte l’anno. È troppo poco».